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La campagna anti-povertà di Rashford ha fatto cambiare idea al governo inglese

La campagna anti-povertà di Marcus Rashford ha fatto centro, ottenendo l’effetto sperato di creare una pressione mediatica decisiva per far cambiare idea al Governo inglese. Il giovane e talentuoso attaccante del Manchester United, infatti, si è messo in prima linea per difendere un diritto che l’esecutivo guidato da Boris Johnson aveva inizialmente negato: continuare a offrire pasti gratuiti per i bambini con famiglia in difficoltà economica anche per le prossime settimane. Una presa di posizione che è finita direttamente in Parlamento, diventando oggetto di una mozione presentata dal Labour Party e trovando sostegno anche da diversi deputati conservatori.

Il Governo, dunque, ha deciso di prolungare di altre sei settimane il cosiddetto “Covid Summer Food Fund”, garantendo dei voucher dal valore di 15 mila sterline a settimana messi a disposizione per i ragazzi potenzialmente beneficiari. Un passo indietro, dunque, da parte del Dipartimento per l’Educazione, che inizialmente non aveva voluto estendere il sussidio anche al periodo estivo, nonostante in inghilterra si sia registrato un aumento di circa due milioni di disoccupati negli ultimi mesi, in particolar modo per le categorie di lavoratori poco qualificati. E ci sono numeri che fanno comprendere ancora meglio il dramma: durante il periodo di lockdown, circa 200 mila bambini hanno saltato i pasti e solo quei sostegni del governo hanno permesso di salvare tante famiglie.

Rashford ha soltanto 22 anni, ma negli occhi porta ancora con sé i ricordi tristi di un’infanzia vissuta alla periferia di Manchester, quando era lui uno di quei bambini che non poteva permettersi sempre un pasto. Al Times, il centravanti inglese ha raccontato di quando gli amici lo invitavano a cena perché i genitori volevano farlo mangiare quella sera, garantendogli un piatto caldo. E a 11 anni, è finito nell’accademia del Manchester United proprio per non gravare economicamente sui conti della propria famiglia, in particolare della madre.

Dopo aver offerto 20 milioni per supportare le famiglie più povere di Manchester, sfamando 3 milioni di bimbi, e aver partecipato a una recita di ragazzi sordomuti durante la pausa, Rashford ha deciso di scrivere una lettera al Primo Ministro, che ha ottenuto tra l’altro più di 140 mila re-tweet:

“Se oggi sono Marcus Rashford, un calciatore 22enne nero abbastanza fortunato, lo devo alla gentilezza e alla generosità della comunità che avevo intorno a me. La mia famiglia lavorava molto, ma quanto era nelle nostre possibilità non bastava per mangiare a pranzo e a cena, così abbiamo dovuto fare affidamento su pasti scolastici gratuiti e sulla beneficenza di vicini e allenatori.”

“Quando le scuole sono state chiuse. ho collaborato con l’ente benefico di distribuzione alimentare FareShare per aiutare a dare ciò che stava mancando agli studenti e alle persone più vulnerabili del Regno Unito. Ma non era abbastanza. Non si tratta di politica, ma di umanità. Non possiamo tutti essere d’accordo sul fatto che nessun bambino dovrebbe andare a letto affamato? Un quarto degli 1,3 milioni di studenti registrati per i pasti scolastici gratuiti non hanno ricevuto nulla da quando le scuole sono state chiuse. Questo è un fallimento del sistema. Il governo ha adottato un approccio “whatever it takes” per l’economia, e oggi chiedo di estendere lo stesso pensiero per proteggere tutti i bambini e tutte le persone più vulnerabili del Paese. E di riconsiderare la cancellazione dei regimi dei buoni pasto durante i prossimi mesi”

L’intervento di Rashford, insomma, è stato mediaticamente fondamentale e ha contribuito a salvare dalla fame 1.3 milioni di bambini. Tanti ragazzi che, come Rashford un decennio fa, conoscono sin dalla giovane età l’amarezza e l’umiliazione della fame, la sofferenza di non poter avere una vita da considerarsi dignitosa in un Paese che si proclama moderno e sviluppato. E, ancora una volta, il calcio inglese è stato dalla parte della società, sfruttando a 360 gradi il proprio potenziale comunicativo.