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Basta pacche sulle spalle, ora il calcio pensi alla vera sfida: tenere fuori le mafie dagli affari

Sono stati giorni di gloria all’interno dei massimi vertici del calcio. Dal giorno dell’annuncio della ripresa della stagione, sono stati tanti gli elogi rivolti a Gravina e a chi, come lui, ha lottato con tutte le proprie forze per far sì che il calcio italiano ripartisse, anche quando la tentazione di dire basta, sull’esempio francese e con la pressione evidente del Governo sulle spalle, era tanta. La Coppa Italia è ricominciata venerdì, settimana prossima prenderà nuovamente il via anche il campionato e l’augurio è che, soprattutto sul piano sanitario, filerà tutto liscio, a parte le già evidenti riserve degli allenatori nel giocare fino ad agosto ogni tre giorni a queste temperature.

Gli applausi da parte delle società verso i vertici federali sono stati quasi scroscianti, con qualcuno che a voce nemmeno troppo bassa si è detto convinto che Gravina abbia salvato il calcio. Ora, però, il tempo delle pacche sulle spalle sarebbe da concludere, per lasciar spazio al momento in cui, invece, diventa fondamentale tornare a pensare al mondo dello sport seriamente per salvarlo nel presente e, sopratutto, nel futuro. Persi già i primi milioni, Gravina ha voluto assicurarsi i soldi dei diritti televisivi per evitare la strage definitiva. In teoria, i soldi provenienti dalle televisioni dovrebbero essere distribuiti in maniera equa ma, come rivelano anche su Avvenire, l’impressione è che ognuno baderà a salvare il proprio giardino come sempre.

Al momento, sembra che soltanto una decina di club di Serie A uscirà indenne da questa crisi, mentre per tutti gli altri si apriranno enormi interrogativi di un dissesto finanziario che farà crollare tante compagini anche dalla Serie B fino ai dilettanti. E allora, si presenta la grande occasione per chi, sopra tutti, sa creare un mercato nero, un’economia parallela e oscura, proprio laddove si creano situazioni di difficoltà economiche e i “grandi” non intervengono: le mafie.

D’altra parte, il malaffare non ha mai abbandonato davvero il calcio. Semmai, ora si presenta un’enorme occasione per tentare un nuovo, più deciso affondo che potrebbe metterci con le spalle al muro: far fallire tante realtà medio-piccole, privando piazze italiane anche importanti della propria squadra e rischiando di mettere a rischio anche i conti delle leghe, oppure accettare soldi sporchi che tengano in piedi il sistema? Per noi comuni cittadini, la risposta è più che scontata, ma lo sarà anche per chi dovrà fare scelte così delicate?

I club che verranno messi sul mercato potrebbero non essere pochi, ma gli imprenditori “puliti” e davvero interessati al bene di una realtà che, a certi livelli, è anche sociale oltre che sportiva saranno sempre meno: a chi converrà davvero investire in un mondo che storicamente provoca quasi solo perdite anche in tempi normali? Senza dimenticare, tra l’altro, del peso che avranno sulle economie delle società gli stadi a porte chiuse: per chi non ha diritti televisivi e basa i propri guadagni su botteghini, merchandising, e sponsor, i prossimi mesi rischiano di essere drammatici.

Ma l’interesse delle mafie potrebbe spostarsi anche su un altro fenomeno costantemente presente da decenni come quello della compravendita delle partite, il match-fixing. Nel calcio, il giro di scommesse vale 200 milioni di euro all’anno e non è così difficile pensare che, davanti a grandi difficoltà economiche sia di dirigenti che di calciatori, resistere a promesse di grandi guadagni non sarà così scontato. I più “deboli” del calcio andranno tutelati a 360°, con DIA e organi inquirenti che dovranno rimanere in costante stato di allerta.

E ora la vera, grande tentazione del malaffare è quella di fare il proprio ingresso in Serie A. Non più soltanto attraverso il fenomeno del calcioscommesse, entrato già anni fa nella massima serie italiana, con punizioni più o meno severe (per esempio, viene da chiedersi come mai personaggi come Masiello abbiano potuto proseguire tranquillamente la propria carriera, finendo addirittura in Champions League, dopo essere stati condannati e squalificati), ma anche con l’acquisizione di quote dei club.

Lo possiamo dire con assoluta certezza: senza un aiuto reale da parte dei club più sicuri dal punto di vista economico, rischiano di essere parecchie le realtà a rischio di infiltrazioni mafiose. Mettere le mani su un club di Serie A, gestirne gli affari e, soprattutto, acquisire il prestigio sociale che ne deriverebbe è il grande sogno di tanti gruppi mafiosi. Sarebbe la realizzazione, in grande, di quanto già succede a livello territoriale attraverso corruzione e appalti truccati: dove girano tanti soldi, come nel calcio, l’interesse del malaffare sarà sempre presente. E se la salvezza a tutti i costi di questa stagione ci farà chiudere gli occhi sulle necessità del futuro, ogni intervento di domani sarà già tardivo.