I grandi “piccoli” della Formula 1 – Gordini
In questo periodo di forzato stop della Formula 1, ripercorriamo la storia di scuderie che non hanno avuto i capitali delle grandi case automobilistiche e degli importanti costruttori privati, ma che hanno comunque lasciato un segno indelebile nel massimo sport automobilistico grazie a un fattore fondamentale: la passione. Oggi è il turno della Gordini.
Per molti anni ha rappresentato da solo, sulle piste di tutto il mondo, l’automobilismo francese. Parole di Jean Tiberi, da lui pronunciate il 16 luglio 1999, da sindaco di Parigi in occasione dell’inaugurazione della piazza intitolata ad Amedeo Gordini nel quartiere Saint-Lambert della Ville Lumière.
E non potrebbero esserci parole più degne per descrivere la vita di questo costruttore italiano, naturalizzato francese, che tanto lustro ha dato al motorismo d’Oltralpe. Amedeo Gordini nacque a Bazzano, paesino della Bassa Bolognese, il 23 giugno 1899. Crescendo a pane e motori. Giovanissimo entrò come operaio nella filiale FIAT di Bologna, poi si trasferì a Milano, lavorando nel reparto motori dell’Isotta Fraschini.
Nel 1922, conobbe il mondo dell’automobilismo, affiancando un certo…Tazio Nuvolari. Poi, quando nel 1925 il Mantovano Volante decise di darsi al motociclismo con la Bianchi, si trasferì in Francia, a Parigi. Dopo il lavoro come concessionario dell’Isotta Fraschini (ottenuto grazie alla presentazione di Enzo Ferrari) prima e della FIAT poi e dopo aver ottenuto la cittadinanza francese nel 1928, la sua carriera svoltò nel 1934.
Gordini divenne direttore sportivo della SIMCA, casa francese fondata da un altro italiano, Enrico Teodoro Pigozzi. Un sodalizio che durò 17 anni con successi nei rally, come quello di Montecarlo vinto nel 1939 dalla Simca 8 Coupé pilotata dallo stesso Gordini, e in alcuni Gran Premi per vetture fino a 1100 cc di cilindrata. Vetture progettate e – come si è visto – qualche volta guidate da Gordini che assunse così il soprannome di Mago.
Nel 1950, scattò l’avventura del Campionato Mondiale di Formula 1 e la Gordini non poteva essere non presente. Equipaggiate da un motore SIMCA da 1430 cc, le Gordini da Formula 1 erano vetture veloci, ma troppo leggere e poco affidabili. Il miglior risultato, comunque, arrivò nel Gp di Francia con il quarto posto di Robert Manzon. L’anno successivo, invece, furono solo delusioni, anche dovute alla testardaggine di Gordini di correre in contemporanea anche in Formula 2 e alla 24 Ore di Le Mans, disperdendo risorse preziose sia dal punto di vista umano che economiche. Tant’è vero che la SIMCA, a fine 1951, gli ritirò l’appoggio, ponendo fine al sodalizio.
Nel 1952, gli venne in aiuto il cambio di regolamento che consentì alle vetture di Formula 2 di poter correre il Mondiale di Formula 1. Gordini progettò un motore 6 cilindri da 2 litri da 155 cv per un’auto di appena 150 kg. Un’idea che risultò competitiva. Le Gordini poco poterono contro le Ferrari, ma in Belgio, a Spa-Francorchamps, ottennero il loro primo e unico podio con il terzo posto di Robert Manzon. Con in più, una serie di buoni piazzamenti che si replicarono nel 1953.
Nel 1954, il ritorno alla Formula 1 e ai motori da 2,5 litri. Gordini sviluppò una monoposto interessante, con un cambio a cinque rapporti e un propulsore otto cilindri. Ma che, in tre stagioni, ottenne tre quinti posti come massimo risultato: con i francesi Bayol in Argentina e Pilette in Belgio nel 1954 e con il brasiliano Da Silva Ramos a Montecarlo nel 1956.
Alla fine di quella stagione, la Gordini si ritirò dalla Formula 1. Il Mago offrì il suo enorme bagaglio di esperienza alla Renault, progettando le versioni sportive della Renault R8 e della Renault R12, ottenendo altri successi.
Sì, Jean Tiberi aveva ragione. Il pioniere dell’automobilismo francese è stato un umile emiliano della Bassa Bolognese: Amedeo Gordini. Lo chiamavano il Mago. Probabilmente, lo era.