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Coppa Italia – Ruggine e sbadigli, la ripartenza è lenta. Milan ingenuo, Juventus in finale col minimo sforzo

Covid interrotto. Dopo centodue giorni di stop, il calcio italiano riapre le sue porte. Per ora solo quelle del campo, per i tifosi si vedrà. Il palcoscenico è lo Juventus Stadium di Torino. Dopo il vuoto di Juventus-Inter dello scorso 8 marzo, si riparte dal vuoto di Juventus – Milan, ma la differenza è palpabile. Allora la mancanza di spettatori veniva avvolta da un clima di tensione e di paura. Stavolta c’è il sollievo di chi non ha certo superato l’ostacolo, ma può godersi, per ora, un intervallo dai problemi. Nel riscaldamento, però, tiene botta prima un’altra battaglia, quella contro il razzismo: gli uomini di Pioli indossano una maglietta con la scritta “Black lives matter”. Anche i giocatori della Juve sulla divisa hanno lo slogan: “No racism”.

L’ingresso in campo per la semifinale di ritorno di Coppa Italia è suggestivo. Spaventano quasi i rossoneri, con le loro mascherine nere alla Dart Fener, più sciolti i bianconeri. Poi, il momento toccante: luci soffuse, giocatori nel perimetro del cerchio di centrocampo e, sul dischetto, un’infermiera, un medico e un’operatrice socio-sanitaria, impegnati in prima linea contro il Coronavirus in questi mesi. Minuto di silenzio, per commemorare chi ci ha lasciati a causa della pandemia. Doveroso ricordare, prima di voltar pagina o, almeno, cercare di farlo. Dal fischio d’inizio passano appena centoventi secondi per ricordarci qual è la leader tecnica del nostro calcio, Alex Sandro affonda in area e serve l’assist a Douglas Costa che sfiora il gol.

Nonostante i tre mesi di fermo da lockdown, i ritmi tutto sommato sono buoni: si corricchia, è vero, ma senza sosta. Poco prima del quarto d’ora giunge il momento di ravvivare un’atmosfera fin lì ancora soporifera: la dolce aria di giugno e la mancanza di pubblico rendono la partita un rendez-vous tra gentiluomini. Ci pensa Andrea Conti, con un fallo di mano in area visto dal VAR, per dare la scossa: calcio di rigore per la Juventus. Dal dischetto si presenta Cristiano Ronaldo, ma il palo gli stronca la gioia… sarà sfortuna, sarà ruggine da lockdown, ma il Milan si salva. Per pochissimo, però, perché stavolta anche Rebic dimostra che i rossoneri sanno complicarsi la vita come pochi: entrataccia inutile del croato su Danilo, che vede tatuarsi in faccia i tacchetti dello scarpino avversario. Immaginatevi se ci fosse stato il pubblico quale sarebbe stata la reazione. Anche questo è il calcio post-coronavirus, un’arena di gladiatori senza la plebe pronta ad influenzare l’imperatore tra pollice all’insù e pollice verso.

Nelle ultime sei sfide contro la Juventus, il Milan ha finito per quattro volte in dieci uomini. Il dato statistico conferma che la sudditanza tecnica si traduce anche in mancanza di calma olimpica. Il Milan si riorganizza con Bonaventura “falso nueve” e conferma, per qualche minuto almeno, l’antica teoria di Liedholm secondo cui le squadre giocano meglio con un uomo in meno. Un’occasione per Conti lo testimonia. Poco dopo la mezz’ora, però, è Donnarumma a doversi vestire da eroe, salvando i suoi da una conclusione ravvicinata di Matuidi. La Juve controlla, crea, ma l’atrofia muscolare da Covid si fa sentire e i ritmi, giocoforza, calano parecchio. Si va all’intervallo sullo 0-0, con il Milan in dieci uomini e con un calcio di rigore fallito da sua maestà Ronaldo. Il suo secondo errore in bianconero, dopo quello del gennaio 2019 contro il Chievo Verona, parato da Sorrentino. L’eco del rintuzzo della sfera sul palo sarà stato avvertito fino a Moncalieri. Tra pre-lockdown e post una cosa sembra immutabile: nel nostro calcio si tira poco, davvero troppo poco in porta.

Nella ripresa il Milan è più gagliardo, Bonaventura dimostra di avere un quoziente calcistico superiore alla media (sicuro che non serva ancora in futuro?), battuto negli anni soltanto da muscoli fragili e da una sua iniziativa, infatti, nasce il cross per Calhanoglu, che di testa non trova la torsione giusta, ma mette i brividi a Sarri. Pioli, però, toglie proprio il numero 5 ed inserisce Rafael Leao, praticamente l’ultimo attaccante rimasto. Jack non la prende benissimo. La regia Rai indugia per qualche secondo sugli spalti, immortalando Gazidis “mascherinato” da solo in mezzo ad un oceano di seggiolini bianchi. La metafora perfetta di come stia lui al Milan in questo momento: distanziato, silenzioso, impassibile. Poco dopo, c’è gloria televisiva anche per Gonzalo Higuain, mentre traffica con il suo cellulare. Ci piace pensare che inviasse in tempo reale le sue impressioni tattiche dagli spalti a mister Sarri. Probabilmente, però, faceva zapping su Instagram e Tik Tok.

Sarri cambia mezzo centrocampo con Rabiot e Bernardeschi per Matuidi e Pjanic (in odore di Barcellona?), la Juve potrebbe far molto male, ma il duello tra ciuffi biondi tra De Ligt e Kjaer lo vince il secondo. Paquetà, nel frattempo, aumenta i giri del motore e mette mano al centrocampo rossonero che, per via dell’inferiorità numerica, può ragionare solo in contropiede. I soliti colpi di tacco a centrocampo, fini a sé stessi, causano più di un urlo a Pioli. Dybala sporca i guantoni di Donnarumma con quel tiro a giro che tanto gli piace, dalla sua mattonella preferita. A nove minuti dalla fine, il torpore generale lo scuote Pioli con un doppio cambio a sorpresa: fuori Kessie, dentro Krunic, ma, soprattutto, fuori Paquetà e dentro il giovanissimo Lorenzo Colombo, classe 2002. La maggiore età appena compiuta, l’8 marzo. Una prima punta di peso, il suo idolo è Batistuta, il suo mentore in questi mesi Zlatan Ibrahimovic. Gli esempi da cui attingere sono di primo piano. Porta in dote nove reti in sole sei partite di campionato, una tripletta da subentrato e due doppiette. La fame di gol non manca, i minuti per mettersi in mostra sono infintamente meno. Finisce 0-0, la Juventus agguanta la finale in virtù dell’1-1 di San Siro (vale doppio il gol in trasferta, ma questo lo dovreste sapere) ma, più che il silenzio, alla ripresa del nostro calcio a vincere è stata la noia.