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Tutti pronti per l’estate delle polemiche. E siamo solo all’inizio

Alla fine, il calcio ha avuto la meglio anche sui timori di Spadafora: finalmente, a metà giugno si riparte. È stata la scelta più coerente, perché fare di questo sport, o meglio di questa enorme economia, una realtà a sé stante mentre il resto d’Italia sta provando già da giorni a riottenere una parvenza di normalità non avrebbe avuto alcun senso. In più, il test tedesco è stato passato con discreti voti. Certo, giocare a porte chiuse non è la stessa cosa e non basterà la triste modalità televisiva di aggiungere le voci registrate dei tifosi per cambiare le cose. Certo, c’è un evidente problema infortuni, ma da quello che si vede scritto in giro, c’è diversa gente che, per quegli stipendi, metterebbe tranquillamente a rischio pure il proprio stato fisico. Insomma, va bene così.

Si è fatto di tutto per ripartire, persino cercando di modellare a proprio uso e consumo il protocollo sanitario. Fino a un mese, un mese e mezzo fa parlare di accorciare la quarantena avrebbe fatto rabbrividire quasi chiunque, ma ora il clima è cambiato: abbiamo decisamente meno paura e si spera che la curva dei contagi ci darà ragione tra qualche settimana. Di conseguenza, è obiettivamente giusto pensare di far ripartire un calcio che, comunque andrà, seguirà un percorso diverso e potenzialmente tortuoso.

La speranza è il sentimento dominante di questi primi giorni di “Fase 2” e che inevitabilmente ha accompagnato anche la decisione di riprendere la stagione. Nessuno ha certezze matematiche su quello che accadrà e l’immagine del sindaco di Milano Beppe Sala che sale sul Duomo rivolgendosi alla Madonnina è una buona sintesi del pensiero di molti.

Ma prepariamoci, perché le settimane che seguiranno non saranno proprio il dolce ritorno alla normalità che speravamo. Non si è fatto nemmeno in tempo ad annunciare le nuove date che già sono scoppiate le polemiche. Il pomo della discordia è stata subito la Coppa Italia, una pratica che la Lega (a quanto si legge dai giornali) ha voluto fortemente chiudere subito con una full immersion di pochi giorni, prima di pensare solo al campionato. Il Milan si è subito detto contrario, la Juventus pure, l’Inter minaccia di mandare in campo la Primavera nella gara contro il Napoli teoricamente in programma il 14 giugno. Insomma, è già il caos ancora prima di partire.

D’altra parte, la posizione dell’Inter è umanamente comprensibile: i nerazzurri rischiano di giocare, dopo una simil preparazione di qualche settimana e dopo mesi di stop totale, ben 4 partite in una settimana e mezzo (semifinali ed eventuale finale di Coppa Italia, recupero con la Sampdoria, primo turno tutti insieme di campionato come infrasettimanale). E, una volta partiti, la giostra inizierà a girare a enorme velocità, perché per circa un mese e mezzo saranno fissi gli appuntamenti il week-end e nell’infrasettimanale per chiudere in tempo.

In più, andranno considerate le richieste delle televisioni, che avranno tutto l’interesse ad avere un campionato il più spezzettato possibile. È facile immaginare già da ora che le polemiche sul calendario si presenteranno continuamente. D’altra parte, se ne è già lamentato in Bundesliga l’attuale allenatore del Lipsia Nagelsmann, che ha definito con termini ben poco carini le scelte di programmazione.

Ma non era questa la bicicletta che hanno voluto i vertici del nostro calcio in queste settimane? Adesso non resta che pedalare. Anche perché questo finale di campionato, per come è stato progettato, sarà una prova di resistenza. A questi ritmi di calendario, con una preparazione non certo adeguata, l’aumentato rischio infortuni, il caldo estivo (per carità, evitiamo ai giocatori il massacro di giocare in pieno pomeriggio a luglio. Se non lo volete per loro, fatelo almeno per lo “spettacolo”), bisognerà davvero usare tutte le risorse a disposizione. C’è chi ha la fortuna di avere già una panchina abbastanza lunga, mentre per altri bisognerà fare ragionamenti diversi partita dopo partita.

L’idea di avere davanti un mese e mezzo di calcio praticamente tutti i giorni piace a molti, ma lo sappiamo già: quello che vedremo non sarà il solito spettacolo. Ma andrà bene comunque, perché i numeri televisivi che ha avuto la Bundesliga parlano chiaro. Bisogna salvare questa stagione, gli affari che ne sono impliciti, sperando che non si arrivi al mostruoso punto di scavalcare gli interessi degli stessi giocatori, mettendone a rischio la salute. Perché dopo quello che è accaduto tra fine febbraio e gli inizi di marzo, con partite che sono diventate dei veri e propri focolai (anche se soprattutto per responsabilità UEFA), un piccolo debito verso di loro, che restano lavoratori ed esseri umani, dovremmo ricordarci di averlo ancora.