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Il Subbuteo ieri e oggi, tra gioco e collezionismo

Continuiamo, anche questa settimana, a parlare del Subbuteo. Oggi proveremo a fare una piccola storia di questo gioco che entrò in tante case italiane, in un’era dove non esistevano i videogiochi da casa, e quando il calcio in televisione veniva trasmesso molto meno di oggi.

Il calcio in punta di dito ha consentito infatti, a tanti ragazzi della nostra generazione (e di quelle precedenti), di ricostruire a casa le gesta dei propri beniamini. Si arrivava anche a riprodurre, tramite musicassette, gli effetti da stadio, registrati a San Siro nei minuti finali, quando venivano aperti i cancelli per il deflusso e si poteva entrare con un piccolo registratore, senza il timore delle perquisizioni.

Oppure capitava, a volte, che la partita della domenica venisse trasmessa senza commento a causa di qualche astensione dal lavoro dei giornalisti RAI. Porte della cameretta chiuse, quindi, obbligo per tutti di silenzio assoluto in casa, e garanzia di 45 minuti continuativi di effetti da riprodurre alla prima occasione. Può sembrare impossibile ai nostri lettori nati negli anni 2000, ma all’epoca il calcio estero (per esempio) era roba per pochi, per non parlare di una cosa oggi così scontata come le immagini a colori.

Negli anni ’70, la televisione e le foto sui quotidiani erano in bianco e nero (solo la Televisione svizzera trasmetteva a colori, per i pochi fortunati in possesso di un apparecchio idoneo: la RAI iniziò nel 1977, dopo la sperimentazione fatta in occasione dei Giochi olimpici di Montréal, l’anno precedente). I colori sullo schermo si vedevano prima solo al cinema, o sulle pagine del Guerin Sportivo, unico giornale (a cadenza settimanale) che, tra l’altro, seguiva con regolarità anche i principali campionati internazionali.

Il catalogo del Subbuteo, quindi, era uno dei pochi strumenti per vedere i colori delle maglie delle compagini che sfidavano le italiane nelle Coppe. Sulla medesima pubblicazione c’era poi la parte dei sogni per tanti irraggiungibili, cioè quella degli accessori: tribune, spettatori, impianto d’illuminazione. Un anno, a una Fiera del Giocattolo, nello spazio gestito dalla Edilio Parodi (che si occupava della commercializzazione del gioco in Italia) vedemmo esposto un campo completo di tribune piene, impianto d’illuminazione e tutto il resto, ovviamente sottovetro. Ci dovettero portare via praticamente di peso.

Ma andiamo alla storia. Il Subbuteo, nato nel Regno Unito nel dopoguerra, arrivò in Italia negli anni settanta, e fu subito un successo, grazie anche ai tornei agonistici (vennero organizzati, per esempio, dei Mondiali di Subbuteo in corrispondenza di quelli reali, dal 1970 al 1990, ed Europei dal 1980 al 1992).

Qua Wikipedia si sovrappone ai nostri ricordi di bambino e adolescente. Il Guerin Subbuteo, torneo nato dalla collaborazione tra la Parodi e il già citato settimanale Guerin Sportivo, prevedeva una prima fase di selezione regionale, che selezionava i concorrenti che avrebbero partecipato alla fase finale nazionale, suddivisa nelle due categorie Juniores e Seniores. Di fatto, tutti potevano iscriversi alle eliminatorie, e sognare. Noi non ce la sentivamo, e non c’abbiamo mai tentato: ma alcuni compagni di classe più abili si misero alla prova.

Negli anni novanta la svolta, con il passaggio del testimone nelle mani della statunitense Hasbro la quale, però, all’inizio del nuovo millennio, decise di sospendere la produzione, ritenendo il gioco non in grado di competere con i video giochi a tema calcistico.La già citata Edilio Parodi non si arrese, continuando la produzione su licenza Hasbro in proprio fino al 2003 e tentando, a fine decennio, grazie a una collaborazione con la Fabbri editori, un rilancio del gioco.

Nel 2018 (fonte Wikipedia), venne presentata a Roma la Lega Nazionale Subbuteo (LNS), associazione che rappresenta il settore italiano Subbuteo della OPES, Ente di promozione sportiva affiliato al CONI, che ha lo scopo di diffondere e promuovere e lo sviluppo del Subbuteo/Calcio Tavolo, nel rispetto di valori come la sportività e l’associazionismo.

Tuttavia, come ci ha spiegato il nostro amico Maurizio, si tratta di cosa ben diversa dall’Old Subbuteo il quale, pur promuovendo gli stessi valori, intende farlo utilizzando i materiali originali (esiste una ricca offerta, come abbiamo avuto occasione di verificare attraverso una ricerca mirata in rete) o, come vi abbiamo raccontato la scorsa settimana, copie fedeli costruite con le medesime caratteristiche.

Infatti, dopo l’ingresso della Hasbro, a cambiare furono proprio i giocatori. Si fece (come avviene nel calcio reale, in fondo) la scelta di andare verso un’evoluzione dei materiali e, soprattutto, delle forme dei supporti, che portasse a una maggiore velocità di gioco forse pensando, in questo modo, di reggere la concorrenza dei videogiochi domestici a tema calcistico, che stavano iniziando a farsi strada.

Ma lasciamo la parola al nostro esperto: “Le Hasbro fanno parte dell’evoluzione del marchio Subbuteo di fine anni 90. La produzione era ovviamente quasi del tutto concentrata sul calcio britannico con squadre con scatola dedicata e divise con sponsor su omini lw (lightweight) tipiche degli anni 90. Le basi erano curiosamente monoblocco, a differenza di quelle prodotte fino a quel momento che avevano la parte esterna (outer base) riproducente un’emisfera leggermente piatta al centro e un piattello con un foro al centro (inner base) che ospitava e reggeva l’omino. Le monoblocco Hasbro erano tutt’uno, monocromatiche e molto piatte al centro, estremamente stabili pur consentendo il ‘girello’ (caratteristica peculiare del Subbuteo che lo rende diverso dall’attuale più simile al curling). Era l’inizio dell’avvento di basi sempre più piatte e diverse dal Subbuteo originale.”

2 – Continua – La prima parte la trovate qui