Lo sport è stato da sempre fonte di grande ispirazione per il mondo del cinema. Storie realmente accadute, gesta olimpiche entrate nell’albo dei ricordi dei cinque cerchi oppure personaggi di fantasia che descrivono profonde realtà. Ogni settimana parliamo di una delle pellicole che ogni sportivo dovrebbe possedere nella propria cineteca.
La scorsa settimana abbiamo parlato delle grandi rivalità nella Formula 1 e di come Ron Howard era riuscito a narrare davanti la macchina da ripresa la celebre battaglia tra Lauda e Hunt. Nel 2017 il regista danese Janus Metz Pedersen si è cimentato in qualcosa di simile, parlando stavolta di tennis e concentrandosi su una sola partita, un singolo evento emblema di un dualismo molto importante: la finale di Wimbledon del 1980 che vide protagonisti lo statunitense John McEnroe e lo svedese Bjon Borg. Le loro rispettive carriere hanno segnato il mondo del tennis negli anni settanta e nella prima parte degli anni ottanta. Quell’incontro passò alla storia per l’intensità e l’imprevedibilità, uno dei più grandi match destinato quasi a non concludersi, due modi di giocare diametralmente opposti. Un anno fa gli appassionati della racchetta vissero emozioni simili sempre sull’erba londinese nella finale 2019 tra Djokovic e Federer, anche se forse è meglio evitare ulteriori paragoni tra i due eventi.
Tornando al film, Metz ci avvicina al match passo dopo passo in maniera graduale. I protagonisti, prime due teste di serie a Wimbledon 1980, eliminano gli avversari e avanzano turno dopo turno lasciando da parte anche le amicizie come nel caso di McEnroe e Connors. In questo percorso di avvicinamento alla finale lo spettatore respira anche lo sviluppo dei due giocatori attraverso continui flashback. Borg si forma come un automa dietro la rigidità della scuola svedese. Calcolatore, matematico, regolare e freddo in campo senza patire emozioni oltre l’ordinario al punto da farlo diventare Iceborg. Normale che un giocatore così finisca per scontrarsi con un talento più sanguigno e soprattutto esplosivo come McEnroe. Classe che veniva spesso scavalcata dall’irascibilità con cui contestava le decisioni arbitrali. Ancora una volta la regia riesce a narrare una scena di sport, rendendola quasi viva agli occhi dello spettatore, come uno spettacolo in diretta. Anche in questo caso i dettagli sono curati alla perfezione soprattutto nell’abbigliamento e nelle capigliature, particolari di quel periodo. Ad arricchire la visione anche le riprese sulle tribune, sguardi che raccontano sensazioni e poi l’erba, una delle grandi protagoniste di quella partita.
Rush di Janus Metz
Anno 2017
Durata 100′
Sceneggiatura Ronnie Sandahl
Attori Sverrir Gudnason, Shia LaBeouf
LE PUNTATE PRECEDENTI
#3 Race – Il colore della vittoria