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Allsvenskan: si prepara un piano per giocare con il pubblico presente

L’Allsvenskan sembra sempre più vicina alla ripresa, indicativamente fissata per il 14 giugno, come abbiamo già avuto occasione di scrivere nelle settimane passate. Intendiamoci: le perplessità sono tante, dal punto di vista della tutela della salute degli addetti ai lavori, e rispetto alla qualità dello spettacolo, in queste condizioni.

A tale proposito, Fotboll Sthml ha intervistato Ola Thews, vice presidente dell’associazione che riunisce i tifosi di calcio svedesi (ASK). “Non siamo ovviamente soddisfatti. Tuttavia, se aspettare ancora avrebbe messo le squadre a rischio di sopravvivenza dal punto di vista economico, a questo punto accettiamo questa decisione” sono state le sue prime parole.

“Abbiamo dei dubbi, pensando alle condizioni nelle quali ci troviamo, che la pubblica autorità conceda l’autorizzazione alla ripresa, anche a porte chiuse. Seguiamo anche noi la situazione giorno per giorno. Certo, il calcio è un’altra cosa, andrebbe giocato davanti al pubblico. Tuttavia, qua si tratta di salvaguardare la salute delle persone.”

Questa, quindi, la posizione dei tifosi, perlomeno di quelli organizzati. Molti, da quello che leggiamo in rete nei vari forum e sulla pagine social di squadre e testate giornalistiche, pensano invece che non si debba giocare sino a cessata emergenza. Tuttavia, come abbiamo visto, questa ipotesi risulta essere impraticabile per ragioni economiche.

Tuttavia, non si resta con le mani in mano. Il mondo del calcio professionistico svedese è perfettamente consapevole dell’impossibilità di sopravvivere, a medio termine, senza i proventi derivanti dagli ingressi del pubblico allo stadio. È quindi notizia recente che SvFF, SEF e RF (Federazione e Lega calcio svedese) hanno presentato un loro protocollo all’autorità di sanità pubblica, per disciplinare l’accesso agli impianti sportivi da parte dei tifosi.

Il documento, del quale Sportbladet ha pubblicato ampi stralci, prevede varie norme di sicurezza per gli spettatori, che si applicheranno alla ripresa dei campionati di calcio professionistici i quali, come sappiamo, potrebbero partire nel fine settimana del 14 giugno. La palla ora è in mano alle autorità, che dovranno esprimersi, approvando o meno il piano in questione.

Il protocollo andrà a regolare anche le misure di prevenzione per gli atleti, e tutta l’organizzazione relativa, per esempio, alle trasferte. Il piano prevede, in ogni caso, che l’Allsvenskan inizi a porte chiuse: è stato infatti giudicato prematuro consentire, nei primi tempi, un accesso (seppur contingentato) al pubblico. Abbiamo del resto già scritto che, perlomeno sino alla fine dell’estate svedese, difficilmente l’autorità sanitaria nazionale concederà la deroga al divieto di riunirsi per più di 50 persone.

Per gli spettatori, si pensa (ovviamente) a ingressi solo in determinati settori, e a distanza di sicurezza. Recita infatti il documento che “In questa fase, intendiamo consentire solo posti a sedere, facendone occupare uno ogni tre, utilizzando tutte le file. Gli ingressi a ciascun settore nel quale sarà consentito l’ingresso del pubblico sarà adeguato al numero di posti autorizzati in ciascun settore. Non verranno ammessi spettatori ospiti.”

La squadra di casa, che organizza l’incontro, dovrà assumersi precise responsabilità“L’organizzatore ha la responsabilità di garantire che le linee guida elaborate dalle autorità in materia di distanza siano osservate, rispetto al piano previsto per l’evento. Si dovrà verificare, ad esempio, che gli spettatori siano seduti nel posto giusto, che rispettino le distanze sociali nella pausa a metà partita, così come dovrà essere disciplinato il deflusso dallo stadio.”

In linea di massima, comunque, la presenza del pubblico sarà ammessa solo nella tribuna principale. Il protocollo è strutturato in cinque fasi rispetto alle misure di sicurezza: l’ultima è quella dell’agognato “ritorno alla normalità”, quando la vita tornerà come prima, e verranno tolte tutte le limitazioni.

Questo, quindi, a grandi linee, il piano. Ovviamente, tutto va visto in un’ottica squisitamente svedese, che è anche quella con la quale il governo locale ha affrontato (e sta affrontando) quest’emergenza. Una strategia che, tuttavia, viene duramente criticata anche nel Paese scandinavo il quale, a condizioni sociali molto simili rispetto agli Stati confinanti, sta pagando però un prezzo umano piuttosto salato rispetto a quello dei vicini i quali, come sappiamo, hanno posto in essere politiche di contenimento più simili a quelle adottate nel resto d’Europa, e non solo.

In conclusione, qua come ovunque, le incognite sono tante. A oggi nessuno può dire come andranno le cose nelle prossime settimane e, soprattutto, come reagiranno le persone. Il fatto, per esempio, che si possa aprire al pubblico (seppure in modo contingentato), non significa che la gente se la sentirà, poi, di tornare allo stadio.

Tra l’altro, tutto questo comporterà delle spese, e non si sa quale impatto avranno sui costi d’ingresso. In definitiva, è tutt’altro che certo che questa iniziativa possa consentire alle tante società che galleggiano al limite della linea di sopravvivenza, di continuare a sopravvivere. E, oggi, questa è la domanda che ci si pone con maggiore frequenza, tra gli addetti ai lavori.