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Questa notte gioca “El Trinche”

È morto “El Trinche” Tomás Felipe Carlovich ieri a Rosario. Si è spento all’età di 74 anni a causa di un forte trauma alla testa, subito dopo essere stato aggredito per strada da due giovani che gli hanno rubato una bicicletta vicino a casa sua: se ne va così un personaggio leggendario e per certi versi storico del calcio argentino.

Figlio di un idraulico croato, Carlovich viveva ancora adesso nella casa in cui era cresciuto perché da Rosario non voleva proprio andarsene. Non per nulla Rosario, che lo ricorderà come uno dei migliori della sua storia di fútbol, è nota come la vera città del calcio in Argentina. Tutti i più grandi, da Menotti a Pékerman, da Bielsa a Maradona hanno ammirato El Trinche.

Tomás Carlovich era amato da tutti come un mito, talentuoso come pochi anche se mai visto giocare in grandi squadre. Celebri le parole di Maradona quando giocava con il Newell’s Old Boys a Rosario proprio mentre El Trinche regalava perle ai suoi tifosi nella stessa città ma con la maglia del Central Córdoba. Osannato come il più grande nella città del calcio, Diego rispose: “No, il più grande calciatore della città è El Trinche Carlovich”. Lo scorso 10 febbraio Maradona era a Rosario dove la sua squadra, il Gimnasia La Plata, giocava contro il Central. El Trinche, convinto dai dirigenti della squadra locale, si presentò al suo albergo per poterlo incontrare. Maradona lo abbracciò e gli disse parlandogli all’orecchio dopo avergli firmato una maglietta.: “Trinche, eri migliore di me”. E Tomás replicò: “Diego, sei stata la cosa più grande che ho visto nella mia vita. Adesso posso andarmene con calma”.

Personaggio di culto quindi più che di numeri, Carlovich gioco solo poche partite nel Rosario Central per poi passare la sua carriera nel Central Córdoba, terza squadra della città. Quando giocava in casa, la società segnalava con una bandiera se El Trinche era o non era in campo: a seconda di questa discriminante infatti il prezzo del biglietto cambiava. Questo fa capire cosa volesse dire osservare le giocate di quest’uomo.

Non esistono immagini delle sue prodigiose giocate col numero 5 sulla schiena, eppure di lui si narrano aneddoti incredibili. Zero presenza in Nazionale, ma indimenticabile resterà una partita amichevole tra una selezione di giocatori di Rosario e l’Argentina pronta alla partenza per i Mondiali del 1974. La leggenda narra che Carlovich, che giocava per la selezione rosarina, in quarantacinque minuti domina la scena umiliando ogni suo marcatore a partire dal doppio tunnel iniziale da mal di testa su Pancho Sà. Poi sombreri e altri numeri da capogiro, che resero un contorno (non certo di poca importanza però ) il 3-0 con cui la selezione di Rosario and in vantaggio al riposo su un’Albiceleste annichilita e a pezzi. Il risultato fu che César Luis Menotti, allenatore della nazionale implorò i suoi colleghi sulla panchina Rosaria Grigul e Montes di sostituire Carlovich all’intervallo per evitare la distruzione del morale dei suoi giocatori. Tante erano state infatti le giocate del Trinche da far impazzire in un senso i tifosi (divisi a metà tra selezione di Rosario e Argentina) e nell’altro gli avversari.

Quando pochi minuti dopo l’inizio del secondo tempo venne richiamato in panchina, il Coloso del Parque gli tributò un’ovazione: il giusto tributo che il Trinche, con il suo look d’altri tempi “formato” da capelli e baffi stile spaghetti western anni ’70, si gustò avviandosi a passo lento verso l’uscita.

Quattro anni più tardi, Menotti lo convocò nella sua selezione nazionale per i Mondiali in Argentina. Carlovich diede il consenso dopo qualche titubanza iniziale e partì in direzione Buenos Aires. Si fermò però a pescare in un fiume sul tragitto e non arrivò mai al campo. A chi gli chiese il motivo, rispose che non aveva tempo: doveva andare a pescare. Probabilmente per lui giocare i Mondiali con l’Argentina o una qualsiasi partita davanti alla sua gente a Rosario non faceva poi tutta questa differenza.

Dicono che fosse pagato a tunnel e che una volta in trasferta venne espulso ma fu richiamato in campo dalla tifoseria ospite che voleva godersi le sue giocate dino alla fine della partita. A Carlovich non interessava giocare per vivere, ma vivere per giocare. Forse proprio per questo motivo non se ne andò mai da Rosario.

Esta noche juega “El Trinche”.