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Storie di outsider vincenti #9 – La Sampdoria nell’era Boškov: scudetto e coppe, gioie e dolori

“Rigore è quando arbitro fischia”. “Un giocatore con due occhi deve controllare il pallone e con due il giocatore avversario. “Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0”. Sono alcune delle tante massime recitate da Vujadin Boškov. In quel suo italiano caratteristico, quasi maccheronico, fortemente influenzato dall’accento slavo. Ma Boškov non era solo un personaggio divertente: era un allenatore vero, con la A maiuscola. Uno di quei tecnici che sa come trasformare una squadra zeppa di talenti, ma ancora immatura – come la Sampdoria dei giovani Vialli e Mancini – in una squadra vincente.

Boškov era già stato alla Sampdoria. Vi aveva militato da calciatore, una piccola parentesi nella stagione 1961/62. Il presidente Paolo Mantovani aveva appena “divorziato” da Eugenio Bersellini e aveva pensato al tecnico serbo, che nell’ultima stagione aveva guidato l’Ascoli alla promozione in Serie A. La mossa si rivelò geniale, perché con l’allenatore jugloslavo la Sampdoria aprì un ciclo che la portò a conquistare numerosi trofei, ultimo dei quali lo scudetto del 1991.

Nel 1987/88 arriva il primo successo: si tratta della Coppa Italia, che la Sampdoria conquista alla stregua di una finale soffertissima contro il Torino. L’anno successivo i blucerchiati si ripetono: a farne le spese, stavolta, è il Napoli. La stagione è tutto sommato fruttifera, perché oltre al bis nella coppa nazionale, i doriani si piazzano quinti in campionato e raggiungono la finale di Coppa delle Coppe, nella quale vengono sconfitti dal Barcellona.

I gemelli del gol Vialli e Mancini sembrano il passepartout per un futuro radioso. E infatti la Sampdoria continua la sua striscia di successi. Anche grazie ai suoi due gioielli nel 1989 vince il suo primo trofeo internazionale, la Coppa delle Coppe, prendendosi una rivincita dopo la delusione dell’anno precedente. Fino alla finale di Göteborg la Sampdoria è un rullo compressore e non conosce sconfitta. Si sbarazza al primo turno dei norvegesi del Brann, poi elimina una delle squadre più pericolose, il Borussia Dortmund. Il percorso netto prosegue con gli svizzeri del Grasshoppers e i francesi del Monaco. L’ultimo atto, contro i belgi dell’Anderlecht, è un insieme di emozioni uniche: la Samp ha una miriade di occasioni propizie, ma è solo nei supplementari che trova i due gol – entrambi segnati da Vialli – che gli permettono di alzare al cielo la coppa.

Adesso la Sampdoria è una squadra consapevole, matura, pronta per un ulteriore salto di qualità. Si presenta ai nastri di partenza del campionato 1990/91 con la rosa sostanzialmente riconfermata in toto, con l’aggiunta del centrocampista sovietico Mychajlyčenko. Non ci vuole molto tempo per capire che la Sampdoria può dire la sua anche in ottica scudetto. I blucerchiati chiudono un buon girone d’andata, ma è soprattutto nel ritorno che danno l’accelerata vincente, riuscendo a mantenere la propria imbattibilità fino alla fine. E alla penultima giornata, in casa contro il Lecce, festeggiano il primo titolo nazionale della loro storia. Vincono 3-0, segnano Cerezo, Mannini e l’immancabile Vialli. Nella Genova blucerchiata è festa grande.

Il 1991/92 è in chiaroscuro: in campionato la Sampdoria non si ripete e giunge sesta, ma culla il sogno di aggiudicarsi la Coppa dei Campioni. Sarà ancora una volta il Barcellona – come nel 1988 in Coppa delle Coppe – a infrangere le speranze di Mancini e compagni. La punizione di Koeman al 7′ del secondo tempo supplementare sancisce, di fatto, la chiusura del ciclo vincente sotto la guida di Vujadin Boškov. Nell’estate seguente Vialli passa alla Juventus e l’allenatore slavo viene sostituito da Sven-Goran Eriksson. Non ci sarà più una Samp così vincente.

Le altre puntate:

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  2. L’ascesa di Guga Kuerten, da carneade a vincitore del Roland Garros 2017 (18 marzo 2020)
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