Come vi abbiamo già preannunciato la scorsa settimana, le decisioni del Consiglio federale, in Svizzera, hanno riguardato anche lo sport. Gli allenamenti riprenderanno infatti l’11 maggio, non senza polemiche, come abbiamo avuto occasione di scrivere nei precedenti articoli. Inoltre, è stato ipotizzato l’8 giugno come possibile data di ripresa del torneo: ma lo avevamo, appunto, già scritto.
I vertici delle squadre ticinesi non hanno fatto mancare il loro contributo al dibattito (piuttosto scettico, come sappiamo). Non erano soli: avevamo infatti riportato anche le parole, per esempio, del presidente del Thun, Markus Lüthi, che aveva addirittura fatto pervenire ai propri colleghi un documento piuttosto allarmante rispetto ai rischi collegati all’apertura.
Tuttavia, in un’intervista rilasciata all’Aargauer Zeitung, il massimo dirigente biancorosso è apparso più possibilista. In particolare, ha affermato di voler valutare la possibilità di disputare le partite mancanti della stagione 2019-2020, anche a porte chiuse. Un cambio di rotta, quindi, che non avrà certamente fatto piacere a sud del Gottardo. La condizione posta, tuttavia, è quella di attendere l’evoluzione, nella prossima settimana, della situazione relativa alla pandemia, prima di fare una scelta.
Ecco cos’ha dichiarato il presidente del club bernese al citato quotidiano della Svizzera interna: “Nella video-conferenza di giovedì ci siamo accorti che solo tra una settimana potremo possedere tutti i dati che ci servono per avere un quadro chiaro della situazione. Senza, non si possono prendere delle decisioni, e le questioni sul tavolo sono parecchie. Quanto costano gli incontri a porte chiuse? Si può continuare con il Lavoro ridotto? Come si potrà compensare la situazione attuale? Con queste risposte avremo gli elementi per decidere come si intende proseguire.”
Lüthi ha poi proseguito: “Noi vendiamo solamente, in media, circa 2’000 biglietti a incontro, ai quali si aggiunge la quota abbonati. Questo ci concede di avere un pareggio tra entrate e uscite. Tutto dipende, a questo punto, dalle misure protettive e di sicurezza che dovranno essere rispettate, e che costo avranno. L’aspetto importante del Lavoro ridotto è che, a nostro parere, dovrebbe essere mantenuto almeno fino a quando non verrà concesso agli spettatori di tornare allo stadio. E bisognerà valutare anche l’impatto di tutto ciò sugli sponsor i quali, ovviamente, si trovano ad avere una ridotta visibilità rispetto a prima, a parte la televisione. Il calcio, in Svizzera come altrove, è diventato purtroppo molto più costoso.”
La domanda cruciale è sempre la stessa: costa meno chiudere la stagione a porte chiuse o fare come Belgio e Olanda? La maggior parte dei club, in questo periodo, cerca di stare a galla. Come sappiamo, in Svizzera le squadre si sovvenzionano anche facendo crescere talenti da cedere poi a squadre di alto livello.
Il Blick ha sentito, a questo proposito, alcuni dirigenti delle squadre della Svizzera interna. Thomas Bickel, direttore sportivo dello Zurigo, ha dichiarato: “Al momento non possiamo parlare di mercato in entrata e in uscita: ragioniamo solo su come superare questa crisi.”
Sul tema mercato, un anonimo procuratore ha affermato: «Chi vuole investire in tempi così incerti? Andare all’estero sarà molto difficile per i giocatori svizzeri nel prossimo futuro.” Un altro ha aggiunto: “Ho detto ai miei assistiti di non farsi troppe illusioni.” Un terzo: “Anche prima del Coronavirus, la Challenge League era la povera. Questa crisi sta solo aggravando una situazione già complicata.”
Nei giorni scorsi avevamo infatti fatto presente di come la Swiss Football League avesse fatto presente che la sopravvivenza del calcio svizzero fosse in serio pericolo. In particolare, il protrarsi dell’emergenza per un periodo medio lungo porterebbe con sé problemi finanziari di difficile soluzione, soprattutto per le società più piccole. Per questo motivo, il calcio, per bocca del presidente della SFL Heinrich Schifferle, nei giorni scorsi, ha chiesto un concreto sostegno alla politica.
In un’intervista alla SonntagsZeitung, proprio la Consigliera Federale Amherd non ha escluso la possibilità di concedere dei prestiti agevolati ai club del calcio professionistico, allo scopo di garantirne la sopravvivenza.
Ecco le dichiarazioni dell’esponente politico elvetico: “Sarebbe fattibile pensare di concedere ai club un aiuto finanziario, che vada a compensare le perdite dovute alla disputa di partite a porte chiuse. I club devono sapere che stiamo prendendo in considerazione l’idea di dar loro un ulteriore aiuto. D’altro canto, le società potrebbero prendere in considerazione se, attraverso le odierne tecnologie, non sia possibile prendere in considerazione l’idea di sviluppare nuovi modelli di trasmissioni interattive. Anche loro, quindi, dovranno provare a essere un po’ creativi.”
La cosa, in tempi dove vigono contratti televisivi in esclusiva, ci lascia piuttosto perplessi, e non crediamo di essere i soli. La sensazione è che la strada sarà piuttosto lunga e tortuosa, anche se nei prossimi giorni qualcosa dovrebbe essere più chiaro, fermo restando che la Svizzera non è l’Italia, sotto tutti gli aspetti. E, quindi, i modelli che si vorrebbero mettere in campo nella Penisola qua non sono riproducibili.