Svizzera, si prosegue nell’incertezza
In Svizzera, il calcio (e non solo) continua a dibattersi nella crisi del Coronavirus. Le tante ipotesi di ripresa vengono continuamente messe in discussione da una situazione sanitaria oggettiva che, purtroppo, non trova certezze, qua come in ogni dove. E tutto ciò, inevitabilmente, crea tensioni, soprattutto economiche.
È solo calcio, si dirà. Vero: però, come diceva il direttore generale del FC Lugano Michele Campana, nei giorni scorsi, a livello professionistico è una realtà che stipendia migliaia di famiglie, e non solo quelle dei giocatori professionisti. Quindi, le strategie devono essere pensate e discusse con estrema attenzione.
Avevamo scritto la scorsa settimana del protocollo emanato dalla Swiss Football League, che dovrebbe regolare allenamenti e partite. Mercoledì prossimo, intanto, il Consiglio federale probabilmente deciderà se dal 30 aprile sarà consentito almeno il potersi allenare in gruppo, primo timido segnale di apertura.
Abbiamo riportato le contrarietà e i dubbi, perlomeno quelli espressi dalla dirigenza delle due squadre di calcio professionistiche ticinesi. Tuttavia, Campana e Bignotti non sono i soli a essere quantomeno perplessi. La stampa della Svizzera interna ha raccolto infatti altri pareri negativi sul protocollo della SFL.
A parlare è stato, questa volta, attraverso il Blick, Markus Lüthi, presidente del Thun, uno dei dirigenti più in gamba del panorama del calcio elvetico, coma abbiamo avuto modo di constatare di persona in questi anni.
Per prima cosa, il massimo esponente del club bernese ha espresso riserve sulla convenienza economica di giocare a porte chiuse. Secondo informazioni in possesso del quotidiano zurighese, Lüthi avrebbe inviato agli altri 19 presidenti e alla SFL un documento intitolato “Geisterspiele vs. Ligaabbruch”. Tradotto significa “Partite a porte chiuse contro distruzione della Lega”.
Il preambolo del documento parlava delle esigenze di sponsor e televisioni di riprendere i campionati. Questi contratti valgono circa 40 milioni di franchi all’anno, fermo restando che le televisioni, in questa situazione, non hanno ancora versato l’ultima rata prevista dall’accordo.
Lüthi è entrato poi nel merito del protocollo, e dei requisiti richiesti per poter giocare (ovviamente a porte chiuse). Solo i tamponi previsti per i 13 turni rimanenti, per tutte le 20 squadre, costerebbero oltre 1,5 milioni di franchi, cifra insostenibile per molti piccoli club. Inoltre, va ricordato che la ripresa di allenamenti e partite comporterebbe l’ovvio termine del regime di Lavoro ridotto, al quale non corrisponderebbero però gli introiti degli incassi derivanti dal pubblico.
In conclusione, il presidente del Thun domanda: davvero, a queste condizioni, è davvero meglio riprendere il campionato, anziché sospenderlo definitivamente? Le possibilità comportano entrambe perdite economiche. Tuttavia, secondo Lüthi, servirà un’attenta analisi costi-benefici, prima di prendere una decisione definitiva. Ovviamente, dal Sottoceneri si approva, seppure in silenzio.
La notizia più importante della passata settimana è stata però la mancata ratifica delle riforma dei campionati. Sul Blick ha preso la parola Wanja Greuel, CEO dello Young Boys. Il dirigente giallonero si è espresso in questo modo sull’argomento: “La criticità è basata su due aspetti fondamentali, che avrebbero avuto conseguenze economicamente negative. Innanzitutto la disparità tra partite disputate in casa e in trasferta (a causa delle 33 giornate).
“Siamo consapevoli che società come Neuchâtel Xamax o Lugano, oppure Grasshopper e Losanna avrebbero preferito avere più club nella massima serie, aumentando così le possibilità di parteciparvi. Per questo motivo, abbiamo analizzato tutte le opzioni in modo molto dettagliato. Si sono interpellati in vari modi tifosi, media e manager sportivi. Il risultato di questa analisi è stato molto semplice: non esiste una modalità ragionevole che consenta di avere 12 squadre nella massima serie. Attualmente, l’incertezza tra i club su come andare avanti è grande; tuttavia, voglio far presente che l’attuale emergenza sanitaria non è stata decisiva per il risultato di questo voto.”
In definitiva, la situazione appare ancora estremamente incerta. E anche i cugini dell’hockey non sembrano passarsela meglio, visto che si ipotizza una stagione interamente a porte chiuse. Uno scenario da incubo, sotto tutti gli aspetti.