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Storie di outsider vincenti #7 – José Mourinho alla conquista dell’Europa con il Porto

Mentre i giocatori celebravano chiassosi la conquista della Champions League, José Mourinho aveva abbandonato silenziosamente la zona del podio. Con la medaglia al collo ma estraniato dai festeggiamenti. In seguito spiegherà che lo avevano turbato le minacce di morte subite a causa del suo imminente addio al Porto. Ma il paradosso della sua assenza era un’immagine forte, altamente impattante. Si era chiuso un cerchio perfetto, durante il quale era riuscito a conquistare tutto il conquistabile.

L’avventura di Mourinho come primo allenatore del Porto comincia nel gennaio 2002. È nella stagione seguente che arrivano le prime soddisfazioni. In patria straccia ogni record in Primeira Liga e conquista la Coppa del Portogallo, battendo in finale l’União Leiria, sua ex squadra. Ma è in Europa che chiude il cerchio con il primo triplete della sua carriera. Nella finale di Siviglia il Porto supera il Celtic dopo i tempi supplementari e si aggiudica la sua prima Coppa UEFA.

Forte di una crescita esponenziale di risultati, l’anno successivo il Porto si presenta ai nastri di partenza della Champions League con maggiore consapevolezza. È pur sempre considerato un outsider, una di quelle squadre da cui ci si aspetta l’eliminazione per mezzo di una grande europea. Viene inserito nel girone F insieme a Real Madrid, Olympique Marsiglia e Partizan Belgrado. A parte i blancos, ritenuti i favoriti per il primo posto, il sorteggio consegna al Porto due squadre ampiamente alla loro portata. È contro francesi e serbi che si deciderà l’eventuale qualificazione.

Mourinho lo sa e non trema di fronte all’1-3 casalingo contro il Real, alla seconda giornata. Da lì in avanti il Porto non sbaglia un colpo, vincendo i tre scontri diretti (due con il Marsiglia, uno con il Partizan) e pareggiando al Bernabeu. Il sorteggio degli ottavi consegna a Os Dragões il Manchester United: una sfida sulla carta appannaggio di questi ultimi, che avevano dominato il girone E. Ma che si rivela una trappola per gli uomini di Ferguson: Mourinho irretisce gli inglesi in casa (2-1) e resiste all’Old Trafford (1-1) ribaltando ogni pronostico e conquistando la qualificazione per i quarti.

L’accoppiamento successivo mette di fronte Porto e Olympique Lione. Mourinho sfrutta le debolezze dei transalpini, ancora meno esperti dei portoghesi in ambito europeo. Anche stavolta il Porto agevola la qualificazione già all’andata, con il perentorio 2-0 casalingo, e regge al ritorno (2-2). I portoghesi sono in semifinale e non si ritroveranno di fronte il Milan, campione uscente, ma il Deportivo La Coruña, reduce da una clamorosa rimonta ai danni dei rossoneri. Stavolta, contrariamente ai match precedenti, il Porto non riesce a sfruttare il fattore-campo dell’andata e impatto 0-0 allo Estádio do Dragão; ma chi pensa che il Depor possa fare il colpo grosso si sbaglia perché una rigore di Derlei regala a Mourinho vittoria esterna e finale.

Adesso c’è solo il Monaco come ultimo ostacolo. Una sfida inedita tra due squadre che hanno sorpreso, qualificandosi inaspettatamente per l’atto conclusivo. I monegaschi partono bene, ma il Porto esce fuori alla distanza e realizza l’1-0 al 39′, grazie a Carlos Alberto. Nel secondo tempo il Monaco prova ad alzare il ritmo, ma Mourinho sa attendere. Sono due contropiede perfettamente orchestrati – e finalizzati da Deco e Alenichev – a fissare il risultato sul rotondo 3-0. Il Porto torna sul tetto d’Europa dopo 17 anni e Mourinho si lancia verso una carriera in cui si toglierà tante altre soddisfazioni.

 

Le altre puntate:

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  2. L’ascesa di Guga Kuerten, da carneade a vincitore del Roland Garros 2017 (18 marzo 2020)
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