Estero

In Svizzera sempre in forse la ripresa dei campionati: il calcio minore chiede di chiudere

In Svizzera, il Consiglio federale ha iniziato a parlare timidamente di ripresa: anche il calcio ne prende atto e prova a fare progetti.

Ne abbiamo già parlato in più occasioni: oltre confine, i parametri economici sono differenti. I diritti televisivi sono meno importanti rispetto a quanto accade nella Penisola, e questo, paradossalmente, rende tutto più difficile. In Italia, giocare a porte chiuse è visto come il minore dei mali: qua, invece, rischia di fare affondare diverse società.

Il dibattito, quindi, è aperto; le questioni sul tavolo, tantissime. la posizione di Constantin, della quale vi abbiamo diffusamente parlato nelle scorse settimane, ha fatto grande rumore. CC l’ha poi ribadita anche a Marcello Pelizzari del Corriere del Ticino. 

E nella Svizzera italiana? Ticinonews ha parlato con Michele Campana, direttore generale del FC Lugano. Ecco la sintesi del suo intervento: “Sapevamo che lo sport non fosse una priorità per la politica, e lo comprendiamo. Aspettiamo comunque il prossimo 29 aprile, quando verrà ufficializzata la prossima fase di ritorno verso la normalità. Per noi, il periodo cruciale sarà a cavallo tra maggio e giugno: per rimettere in moto il mondo del calcio serviranno almeno 4 settimane. Vorremmo ricevere indicazioni su come e quando riprendere gli allenamenti di gruppo, e su come organizzare la disputa delle partite a porte chiuse. ”

C’è poi la specifica situazione del Canton Ticino, tra i più colpiti dal virus. Nel corso della conferenza stampa del Consiglio di Stato, il direttore del DECS (Dipartimento Educazione, Cultura e Sport) Manuele Bertoli ha ipotizzato che le grandi manifestazioni vengano annullate, almeno sino al 31 luglio. Campana è stato laconico: “Nella nostra realtà nessuno si illude: diamo per scontato che, almeno sino a settembre, di tifosi allo stadio non ne entreranno. Però le partite a porte chiuse seguono un’altra logica: ci aspettiamo dunque che ci vengano indicati dei protocolli da seguire, magari già nella seduta del Consiglio Federale del prossimo 29 aprile.”

“Mi sembra evidente che oggi, per la politica, lo sport da noi non sia la priorità, ma credo sia normale. In Italia, sbagliando secondo me, se ne fa un affare di stato. Tuttavia, non scopriamo certo oggi che la lobby dello sport in Svizzera sia invece molto debole. Le difficoltà che incontra ogni comitato, il quale voglia organizzare sul suolo elvetico una grande manifestazione sportiva internazionale, sono lì a ricordarcelo.”

“Sui campionati minori, onestamente, se l’ASF spingesse per portarli a termine, a mio parere commetterebbe una follia. Gli unici tornei che ha senso provare a concludere sono Super e Challenge League. Al di là dell’aspetto sportivo, che ha pari dignità ovviamente, lo dico perché sono gli unici interamente professionistici. Questo significa che ci sono in ballo milioni di franchi e migliaia di posti di lavoro.”

La situazione, quindi, resta difficile. Le squadre, chi più chi meno, la stanno affrontando con il taglio degli ingaggi, seppure a diversi livelli. A San Gallo, per esempio, i giocatori continuano a ricevere salari completi. Tuttavia, secondo quanto riportato dal Blick, raccogliendo dichiarazioni della dirigenza, la situazione cambierà a breve: “Tutti faranno la loro parte per garantire che l’FC San Gallo sostenga e affronti insieme questo momento così difficile.”

A Berna, Lavoro ridotto per tutti, inclusa la Prima squadra. Nessuna dichiarazione ufficiale dei giocatori: (Blick) “Non commentiamo i contatti avuti con i giocatori, i quali sono ovviamente molto consapevoli dell’attuale situazione eccezionale.”

Anche a Zurigo, Thun e Neuchâtel stessa situazione, analoga a quella del Lugano, che già conosciamo, con l’applicazione del Lavoro ridotto. Altri club (Servette, Lucerna) hanno preferito non commentare le domande del Blick a tale proposito.

In definitiva, si aspetta il 29 aprile. La sensazione, comunque, è che le maglie del Consiglio Federale rimarranno strette. E che sarà difficile creare un regime di controlli sanitari a parte per i giocatori professionisti, andando a togliere risorse al sistema generale, duramente provato, seppure in ripresa. Ci sono anche tanti aspetti, primo fra tutti quello della fiducia. A suo tempo, senza un vaccino, quanti avranno voglia di tornare allo stadio? C’è insomma in gioco la sopravvivenza del sistema. E non solo qua, naturalmente.