Alla fine degli anni ’80 la Nazionale italiana maschile di volley aveva racimolato poche soddisfazioni. A parte due ori ai Giochi del Mediterraneo e uno alle Universiadi, il piazzamento più prestigioso era l’argento conquistato ai Mondiali di casa del 1978. Poco per una nazione il cui movimento pallavolistico era in costante crescita. Tutto cambiò quando sulla panchina azzurra arrivò un giovane coach argentino, Julio Velasco, che in Italia aveva allenato VC Jesi e Panini Modena. La Nazionale avrebbe aperto un ciclo irripetibile sotto la sua guida, rimpinguando notevolmente il suo palmarés (tre Europei, cinque World League, due Mondiali e una Grand Champions Cup, solo per citare i più importanti). Vale la pena ricordare i protagonisti di quella prima doppietta: Anastasi, Bernardi, Bracci, Cantagalli, De Giorgi, Gardini, Giani, Lucchetta, Martinelli, Masciarelli, Tofoli, Zorzi.
Settembre 1989. L’Italia non figura tra le favorite dell’Europeo che si svolge in Svezia. Viene da un periodo deludente, in cui aveva racimolato un undicesimo posto ai Mondiali (1986), un nono posto agli Europei (1987) e un altro nono posto alle Olimpiadi (1988). Per questo motivo le altre nazionali partono tutte con maggiori possibilità di vittoria, forti di una discreta tradizione recente. La Nazionale azzurra è inserita con Svezia, Francia, Bulgaria, Germania Ovest e Germania Est: tutto sommato un girone alla portata, vista la presenza, nell’altro raggruppamento, di superpotenze come l’Unione Sovietica, la Jugoslavia e i Paesi Bassi.
L’Italia parte bene sconfiggendo l’ostica Bulgaria, poi ottiene altre tre vittorie consecutive. L’ultimo match, quello con la Francia, risulterà decisivo per il prosieguo: nonostante la sconfitta, gli azzurri cedono solo al tie-break e mantengono la prima posizione. In semifinale c’è uno scoglio duro, l’Olanda, che nel proprio girone si è piazzata seconda dietro la grande favorita Unione Sovietica. L’Italia, però, è in stato di grazia. È addirittura sconcertante il punteggio con cui liquida gli Orange e si qualifica per la finale: 15-7 15-3 15-2. Non è finita qui: la finale contro la Svezia – che aveva eliminato sorprendentemente i russi – regala l’ultimo tassello a Velasco e ai suoi ragazzi, che si impongono per 3-1 e conquistano il loro primo titolo continentale.
Nel 1990 arriva l’appuntamento con i Mondiali. C’è grande fermento, perché la sensazione è che la Nazionale possa ripetere quanto fatto vedere un anno prima agli Europei. Ma è ben altra vetrina: i favoriti d’obbligo sono il Brasile e Cuba, ma anche Argentina, Paesi Bassi e Unione Sovietica sono formazioni da tenere d’occhio. Gli azzurri vincono facilmente contro Camerun e Bulgaria, ma vengono sconfitti dai cubani. Un sonoro ceffone che servirà di lezione agli uomini di Velasco. Ottavi e quarti certificano la netta ripresa dell’Italia, che sconfigge rispettivamente Cecoslovacchia e Argentina senza problemi. Adesso in semifinale ci saranno i padroni di casa. Il Brasile può contare sull’urlo incessante dei suoi sostenitori, ma gli azzurri hanno un qualcosa di magico. È un’altalena di emozioni, che dura cinque set. Ma alla fine la spuntano i ragazzi di Velasco. È finale.
Come agli Europei ’89, il destino ripropone agli azzurri un avversario incontrato nel girone di qualificazione. Stavolta non è la sorprendente Svezia, ma la solidissima Cuba del geniale schiacciatore Despaigne.Sarebbe facile cadere nella tentazione di ripensare a quella sfida persa, ma la Nazionale di Velasco non cade nel tranello. Soffre, va in svantaggio, ma non si demoralizza. Recupera le energie e lotta, crescendo d’intensità col passare dei set. La schiacciata di Bernardi, murata fuori, è l’ultimo punto di un cammino fantastico. L’Italia è campione del mondo! E ancora non sa che sarà solo il primo passo verso una storia di successi. Sarà il primo trofeo vinto da Julio Velasco e dalla sua “generazione di fenomeni”.
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