Se vi chiedessimo di associare Sir Alex Ferguson a una squadra di calcio, credo non avreste dubbi nel rispondere “Manchester United”. Ma prima di firmare per gli inglesi e diventare il Ferguson che conosciamo, l’allenatore scozzese ha dovuto fare una lunga gavetta. Dopo aver cominciato in una formazione di secondo piano, l’East Stringshire, nel 1974 fa un primo salto di qualità firmando per il St. Mirren (in tre anni riuscirà a portarlo in Serie A e a conquistare la salvezza). Nel 1978/79 passa all’Aberdeen: questa chiamata rappresenterà una tappa fondamentale per la carriera di Ferguson, che riuscirà a ottenere numerosi trofei alla guida dei Dons.
Dopo un primo campionato terminato al quarto posto, la svolta avviene nella stagione 1979/80. L’Aberdeen aveva vinto il suo unico scudetto venticinque anni prima, non riuscendo mai a spezzare il duopolio Celtic-Rangers. Quell’anno, però, le cose vanno diversamente. Si presenta al via con una rosa completamente autoctona, in cui spiccano numerosi calciatori che costituiranno la futura colonna della Nazionale scozzese. Nonostante l’avvio balbettante contro il modesto Partick Thistle, l’Aberdeen riesce a recuperare e a rimanere nelle zone di testa. E nell’ultima parte della stagione, durante la quale ottiene quindici risultati utili consecutivi, fa l’accelerazione decisiva per la conquista del titolo.
Nei due anni successivi l’Aberdeen deve inchinarsi al prepotente ritorno del Celtic. Ma vince una Coppa di Scozia, battendo 4-1 (dopo i tempi supplementari) i quotati Rangers. La stagione dell’ulteriore salto di qualità è la 1982/83. In campionato arriva terza dopo una lotta furibonda con Dundee (campione) e Celtic. E rivince la seconda Scottish Cup consecutiva (ancora i danni dei Rangers, ancora ai supplementari). Ma è in Europa che avviene il vero miracolo. L’Aberdeen partecipa alla Coppa delle Coppe e non è certamente tra le squadre favorite per la vittoria finale. Tant’è che deve superare il turno preliminare, nel quale estromette, con estrema facilità, gli svizzeri del Sion.
Nei sedicesimi l’Aberdeen trova la Dinamo Tirana, che batte non senza difficoltà (1-0 all’andata e 0-0 al ritorno). E negli ottavi il sorteggio gli consegna i polacchi del Lech Poznan, che regola senza subire reti. I quarti di finali sono già un bel traguardo, anche perché l’accoppiamento con il Bayern Monaco lascia ben poche speranze, almeno sulla carta. Invece gli scozzesi sorprendono i tedeschi capitanati da Breitner: dopo il primo match, terminato a reti inviolate, il 3-2 del ritorno (ottenuto in rimonta) sancisce il passaggio del turno degli uomini di Ferguson. In semifinale, paradossalmente, l’urna è benevola: ai Dons toccano i belgi del Waterschei Thor, che sconfiggono senza troppe ansie.
L’ultimo atto è da brividi. Di fronte al piccolo Aberdeen, assoluta sorpresa della stagione, c’è il maestoso Real Madrid, la squadra più titolata in Europa. Tutti pensano che possa finire in goleada. Ma Ferguson ha in serbo un’altra dolcissima sorpresa. A Goteborg, in un campo reso pesante dall’incessante pioggia, l’Aberdeen passa in vantaggio dopo soli 7′, grazie a Black che approfitta di un errore della difesa madridista. Ma subisce quasi subito il pareggio, realizzato da Juanito su calcio di rigore. Il match si protrae fino ai supplementari e un colpo di testa del giovanissimo Hewitt, a otto minuti dal termine, regala agli scozzesi il loro primo trofeo europeo.
L’anno successivo Ferguson conquisterà anche la Supercoppa Europea battendo l’Amburgo nel doppio confronto. Poi, prima di spiccare il volo verso la Nazionale scozzese (che guida ai Mondiali ’86) e, soprattutto, il Manchester United, avrà anche il tempo di vincere altri due campionati nazionali e un’altra Scottish Cup. Sarà solo l’inizio di una lunga e sfolgorante carriera per uno degli allenatori più vittoriosi del calcio europeo.
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