Estero

Svezia, situazione sempre più complicata

In Svezia, secondo quanto riportato anche dai quotidiani esteri, sembra finito il periodo dell’“Apertura autocontrollata”. I numeri del contagio, che continua a crescere, complici le prime belle giornate di primavera, stanno facendo ricredere il governo rispetto ai “Consigli” emessi sinora alla popolazione.

Anche qua, probabilmente, si arriverà a una chiusura rigida, come praticamente in tutta Europa, e non solo. Al momento, il Paese scandinavo, che conta circa 10 milioni di abitanti (più o meno la popolazione della Lombardia, 1.500.000 di residenti circa in meno della Svizzera, ma con una superficie superiore pressapoco al 50% di quella italiana) conterebbe, secondo dati di stampa reperiti in rete (a ieri) 6.443 contagiati e 358 decessi. Ma, a quanto sembra, il contagio, complice anche la politica seguita sinora, sarebbe al galoppo, perlomeno nelle principali aree urbane.

In tutto questo, lo sport professionistico è stato tra i primi a chiudere: le indicazioni governative vietavano, infatti, le manifestazioni in luoghi che potessero ospitare più di 50 persone. Il fine settimana appena trascorso doveva essere, come sappiamo, quello dell’apertura del campionato, e così non è stato.

In Svezia il problema è leggermente diverso dagli altri: qua non ci sono tornei da concludere ma, al contrario, da iniziare. Tuttavia la situazione non è delle migliori. E il ritardo del Governo a prendere provvedimenti severi di chiusura potrebbe rendere tutto più difficile, visto quanto sta accadendo nel resto del mondo, rispetto allo sviluppo dell’epidemia.

Come ovunque, anche qui si studiano soluzioni. Molto dipenderà dalle scelte dell’UEFA, fermo restando che nessuna squadra svedese sta ancora partecipando alle edizioni in corso delle Coppe europee, e che la decisione più importante (il rinvio di Euro2020) è già stata assunta.

La domanda è quindi, come ovunque: quando si parte? E, soprattutto, come? Con il pubblico o senza? Non si tratta semplicemente di un esercizio retorico, ma di una questione di sopravvivenza. Fermo restando che anche qua i diritti TV hanno la loro importanza, il calcio in Svezia si regge sugli incassi da stadio (biglietti e indotto) e sulla promozione dei giocatori migliori, che prendono la via dei più ricchi tornei in Inghilterra, Germania o anche, ultimamente, Cina.

Qualcuno ha iniziato a fare due contiFotboll Sthml ha riportato un’analisi economica fatta da EY, una società che si occupa di stime in tal senso. Si è quindi ipotizzato che i tornei possano comunque partire, inizialmente a porte chiuse (fine maggio/primi di giugno), puntando sulle immagini televisive, che darebbero anche un ritorno di visibilità agli sponsor.

Secondo questa ricerca, assolutamente empirica vista la situazione generale attuale (è meglio ricordarlo), tutti i club svedesi gestirebbero, seppur con fatica, due turni a porte chiuse. Bilanci alla mano, già alla terza partita interna senza spettatori cinque club di Allsvenskan inizierebbero a fare acqua. Nella malaugurata ipotesi che ciò avvenisse per l’intero torneo, sarebbero nove i club a saltare dal punto di vista del conto economico.

Ne avevamo già scritto nelle scorse settimane: questo è un torneo che non può sopravvivere senza spettatori sugli spalti. “Giocare diverse partite a porte chiuse è completamente impossibile. Una situazione del genere sarebbe gestibile finanziariamente solo dal Malmö e da pochi altri” erano state le parole che, all’inizio di marzo, aveva pronunciato agli inviati di Football Sthlm il CEO dell’Hammarby, Henrik Kindlund.

Secondo Fotbollskanalen, sarebbero Malmö, Norrköping, Häcken, AIK, Djurgården ed Elfsborg gli unici club che potrebbero reggere a una stagione a porte chiuse. Evidentemente, una prospettiva che non può essere presa in considerazione. Per non parlare del calcio minore.

L’Expressen ha invece parlato con David Fällman, giocatore dell’Hammarby. Il centrocampista lancia un’altra idea: adeguarsi al resto dei campionati continentali, giocando da settembre a primavera. “Perché no? Lo fanno in Danimarca. Penso che dovremmo provare e vedere se riusciamo a gestire anche in Svezia questa cosa. Spero e ci credo.”

L’Allsvenskan è stato giocato dall’inizio dell’autunno-primavera prima del 1958, anno nel quale è stata stabilita l’attuale collocazione temporale del torneo. Non è la prima volta che se ne parla: tuttavia il progetto è sempre stata accantonato. Ora, con i nuovi stadi con la copertura mobile, la situazione è cambiata. Tuttavia, non è una condizione universale: e questa cosa ha sempre frenato questo cambiamento.

La soluzione è vista con piacere da chi fa le coppe europee, visto che il sistema attuale ha imposto alle compagini qualificatesi, nelle ultime stagioni, per la fase eliminatoria dell’Europa League di giocare a febbraio, nel pieno della preparazione pre stagionale. Tuttavia, la ragione principale per continuare a giocare dalla primavera all’autunno è, ovviamente, legata al clima.

Giocare a calcio in inverno può essere praticabile per i club più grandi con risorse e stadi moderni, ma non per quelli più piccoli, o che si trovano più a nord e che giocano, magari, nelle serie inferiori. Questa, almeno, l’opinione di Björn Wesström, direttore generale dell’AIK, sentito sulla questione dalla testata sopra citata.

“Siamo aperti anche a discutere una soluzione del genere, ma la nostra posizione, come AIK, è di valutare le condizioni di quei club che hanno una situazione logistica diversa dalla nostra. Abbiamo uno stadio coperto, che pochissimi possiedono. Pensiamo a una squadra che milita nella Terza o quarta Divisione, magari nella regione del Norrland. Non sono esattamente le stesse condizioni di gestione dell’attività agonistica in quel periodo.” conclude Wesström.

Insomma, una situazione in continuo divenire, come scriviamo ormai da tempo. La nostra sensazione, mutuata anche dai contatti frequenti con amici che vivono là ci rende, tra l’altro, un po’ pessimisti. Staremo a vedere.