In Svizzera, come altrove in Europa, la domanda è la stessa: quando si tornerà a giocare? La stagione 2019/20 potrà concludersi, alla peggio con incontri giocati a porte chiuse? Allo stato delle cose, la Swiss Football League vorrebbe, come in tanti altri Paesi, terminare sul campo. Lo scenario belga (chiusura del torneo con la proclamazione del Bruges campione) e quello dell’Hockey su ghiaccio (nessuna proclamazione di un vincente, nessuna retrocessione e promozione dalle leghe inferiori) non viene per ora contemplato: si preferirebbe, a quanto sembra, giocare a porte chiuse.
La scelta del Belgio è stata dirompente. All’UEFA sono stati colti di sorpresa, e la scelta ha causato più di un disappunto. Qua si vorrebbe, se possibile, chiudere i campionati in agosto e riprendere con la nuova alla fine dello stesso mese, o ai primi di quello successivo. Ovviamente, tutto dipenderà dalle decisioni del Consiglio federale in prima istanza, e da quelle dell’Uefa dal punto di vista calcistico.
Il problema, ovviamente, è di natura anche economica. La chiusura del campionato, al di là dell’aspetto strettamente sportivo, avrebbe un costo stimato in mancati incassi di diritti televisivi che vanno da 3,5 milioni per la squadra campione a 2 per quella retrocessa. Briciole per ciò che vediamo nella Penisola, ma sopravvivenza a queste latitudini.
Non esistono precedenti, e neppure regole precise. Certo, congelare la situazione a oggi sicuramente creerebbe problemi di tipo legale. Pensiamo al Thun se venisse retrocesso, o al Losanna se non potesse salire in Super League. Per questo motivo si è anche ipotizzato, nei giorni scorsi, di anticipare la riforma del massimo campionato di calcio elvetico, portandolo a 12 squadre.
Non si tratta però di una soluzione a portata di mano: i contratti televisivi sono già stati conclusi per il medesimo format della stagione in corso. Riaprire la trattativa potrebbe essere non conveniente per le parti in causa, che preferirebbero non farlo.
Nel frattempo, il mondo va avanti. A tenere ancora banco la questione dei licenziamenti a Sion. Il Blick ha raccolto lo sfogo dell’ex Barcellona e Arsenal Alex Song, il quale ha confermato la versione più volte raccontata nelle scorse settimane (le comunicazioni sarebbero arrivate via Whatsapp), dichiarando di voler intraprendere, con i compagni nella medesima situazione, un’azione legale nei confronti del club vallesano.
Gli altri club cercano di sopravvivere, utilizzando l’istituto del Lavoro Ridotto, e sperando nel supporto governativo. Non c’è però una linea comune sul futuro. Lüthi del Thun, considerato uno dei più abili dirigenti elvetici, ha sottolineato al Thuner Tagblatt che vorrebbe in primo luogo risolvere i problemi economici da solo, senza chiedere l’aiuto degli investitori cino-americani della Pacific Media Group, entrati lo scorso novembre nel capitale sociale.
“Vorremmo dimostrare che avere investito nel Thun è stata una scelta redditizia. Cercheremo quindi di evitare iniezioni di capitali da fuori per sopravvivere”. Sul prosieguo di stagione così si esprime il massimo dirigente dei bernesi: “Fino a poco tempo fa, pensavo che dovevamo assolutamente concludere la stagione, se necessario anche a porte chiuse. Nel frattempo ho rivisto questa posizione: o concludiamo il torneo correttamente, quindi con gli spettatori presenti, o meglio chiuderla qui.”
“Una nostra eventuale retrocessione in questo caso? Ovviamente impugnerei la decisione in Tribunale. Ma la cosa non mi farebbe piacere. Penso al Losanna: hanno fatto, sino alla sospensione, una stagione bellissima. Sono una stella nascente nel panorama calcistico svizzero, e meritano di giocare in massima serie.”
A Lugano, invece, segnaliamo la bellissima iniziativa della società, a favore degli abbonati over65. Un furgoncino bianconero sta girando in lungo e in largo per il Ticino, recapitando a casa degli anziani sostenitori della compagine sottocenerina un pacco contenente generi di ristoro e una copia del Corriere del Ticino, tutti offerti dagli sponsor della Società.
In un momento difficile, soprattutto per loro, i più esposti al rischio del contagio, un gesto di vicinanza e solidarietà, che ci ha reso davvero orgogliosi di seguirli, ogni settimana, negli stadi di tutta la Svizzera (e non solo). Perché il calcio non è solo partita alla domenica, ma è prima di tutto una presenza sociale al fianco della gente: pensiamo a quanto viene fatto per i ragazzi nei settori giovanili, ai valori positivi che vengono loro trasmessi sul campo e negli spogliatoi. Non diventeranno tutti campioni: ma saranno uomini e donne migliori.