La legge del fútbol argentino: senza apodo non sei nessuno
In Argentina il calcio è vissuto con una passione quasi sacra che è impossibile non innamorarsene: le storie che ci vengono raccontate dal Sudamerica narrano le gesta di grandi talenti cresciuti in condizioni di povertà prima del salto in Europa a suon di milioni di euro.
In Italia, nonostante il calcio rappresenti una grossissima fetta del Paese, manca quel qualcosa per renderlo tale a quello argentino: un tassello sono sicuramente gli apodos, i soprannomi che mettono in risalto qualche caratteristica particolare di ogni giocatore sudamericano. Da noi gli pseudonoimi più usati sono stati il Divin Codino per Baggio, Er Pupone per Totti o Pinturicchio per Del Piero, cose banali insomma. In Argentina è molto di più.
Dal fútbol argentino arriva il giocatore che insieme a Cristiano Ronaldo si contende lo scettro di migliore al mondo: Lionel Messi, detto La Pulga, tradotto la pulce per quanto dia fastidio con i suoi dribbling ubriacanti e la sua bassa statura. Ex compagno di Leo ai tempi del Barcellona è Javier Mascherano che in patria che è conosciuto come El Jefecito, il capo della curva per il suo carisma e spirito di squadra, nonostante questo soprannome non gli garbi in modo particolare.
Restando all’estero Ángel Di María è El Fidejo, lo spaghetto per la sua corporatura molto esile e le gambe sottilissime, mentre Aguero è diventato a tutti gli effetti El Kun per il cartone animato Kum Kum il Cavernicolo che amava guardare da piccolo. Sono molti gli argentini che giocano o che hanno giocato nel nostro campionato: il primo che ci viene in mente è Javier Zanetti, Pupi per i sudamericani e ribattezzato El Traktor per gli interisti.
Restando sulla sponda nerazzurra Diego Pablo Simeone, ex centrocampista e ora allenatore dell’Atletico Madrid, è El Cholo derivante dal termine azteco “Xoloitzcuintli” che significa miscuglio di razze. Compagno di Simeone alla Lazio è stato Claudio Lopez, El Piojo, il pidocchio piccolo e agile che dava sempre fastidio alle difese avversarie. Tanto famoso da meritarsi anche una serie tv (a proposito, guardatela che merita soprattutto in questo periodo di quarantena forzata) è Carlos Tevez, detto L’Apache ricordando il quartiere malfamato dal quale proviene.
Simbolo dell’Atalanta che sta facendo faville in campionato e in Champions League è Alejandro Gómez, El Papu, mentre a Roma non sta particolarmente brillando il talento cristallino di Javier Pastore, soprannominato El Flaco per la sua corporatura magra. Rimanendo nel nostro campionato la Juventus vanta un attacco formidabile composto due terzi da argentini: Gonzalo Higuaín e Paulo Dybala sono rispettivamente El Pipita e La Joya, il primo per il naso molto pronunciato del padre e il secondo per un articolo di giornale che diceva “La gioia che trasmette giocando”.
Di apodos ce ne sarebbero ancora a migliaia, ma concludiamo con quelli più particolari: El Mudo per esempio, Juan Román Riquelme lo deve alla sua timidezza, mentre Hernan Crespo è conosciuto come El Valdanito per la sua somiglianza con Jorge Valdano. Detto di Crespo, citiamo anche un altro attaccante che ha giocato molti anni in Serie A: Julio Ricardo Cruz fu soprannominato El Jardinero perchè da piccolo quando finiva gli allenamenti continuava a giocare vicino a un tagliaerba. Meno conosciuto, ma comunque simpatico è lo pseudonimo di Roberto Abbondanzieri: El Pato, perchè somiglia a Duffy Duck nel modo di camminare.
Un apodo è per sempre, la via per entrare nell’olimpo del calcio mondiale parte proprio da quel soprannome. Il sogno che poi non tutti non riescono a realizzare, ma che quel nomignolo rende tutto più magico.