Il caos del calcio femminile americano
In queste settimane si sta scatenando un vero e proprio inferno attorno alla US Soccer Federation, e tutto a causa del riconoscimento economico egualitario tra calcio femminile e calcio maschile nel mondo a stelle e strisce. Ma andiamo per ordine che la storia è già bella ingarbugliata di suo.
Su queste pagine vi abbiamo già raccontato altre volte della lotta delle calciatrici americane, vincitrici di quattro Coppe del Mondo al contrario dei loro colleghi maschili, ancora a secco di vittorie, che chiedevano da tempo alla Federazione calcistica americana il riconoscimento della parità di salario tra uomini e donne nella Nazionale di calcio. La controversia è salita di rtono quando la Nazionale di Calcio Femminile americana ha citato per danni la U.S. Soccer Federation (USSF) per 66 milioni di dollari, parlando di discriminazione sessuale contraria al Titolo Settimo del Civil Rights Act del 1964. Ricordiamo che in America il Equal Pay Act proibisce che lavoratori che fanno lo stesso lavoro in condizioni di lavoro similari e che mettono in campo le stesse abilità, sforzi e responsabilità vengano pagati in modo differente.
La situazione è letteralmente precipitata quando, il 9 marzo, è stato pubblicato sul sito ufficiale della US Soccer Federation il memoriale difensivo in cui la Federcalcio statunitense ha affermato che il lavoro dei calciatori e delle calciatrici è diverso: “Il livello di abilità richiesto in questo caso deve essere misurato su caratteristiche come esperienza, abilità, educazione e allenamento necessario per compiere un determinato lavoro. Come testimoniato anche dalle calciatrici, la Nazionale di calcio femminile non avrebbe potuto competere con successo contro quella maschile perchè il massimo contro cui possono competere sono squadre maschili di 16-17 anni. Le calciatrici hanno fatto causa parlando di uguale livello di abilità rispetto a un calciatore ignorando quale sia il livello superiore di forza e velocità richiesto dallo sport maschile. L’Equal Pay Act non assicura uguale pagamento per lavori che richiedono un livello di abilità proporzionale al sesso. E non è uno stereotipo razzista riconoscere i differenti livelli di velocità e forza richiesti dai due lavori, e questa è indiscutibile scienza”.
Ad aggravare questo paragone (perchè, signori miei, si possono paragonare mele e mele, ma non mele e pere, a mio avviso) arriva a mio avviso una parte ancora peggiore. Partiamo dal presupposto che le calciatrici ricevono uno stipendio annuo di 100.000 dollari qualsiasi cosa succeda e hanno una diminuzione di salario nel caso di malattia, infortunio o gravidanza, mentre i calciatori non hanno un salario minimo garantito ma hanno un gettone di presenza per partita molto più alto del calcio femminile e i loro contratti hanno dei bonus a seconda della prestazione espressa, e questo è il naturale risultato di differenti interessi economici e commerciali suscitati dai due team nazionali. In un passaggio del memoriale, si dice letteralmente “Anche la querelante Alex Morgan ha ricevuto il 75% del suo salario annuale da 100.000 dollari anche se non ha potuto giocare per la sua gravidanza”. Cosa si cerca di affermare con questa frase, precisamente?
Ovviamente questo memoriale ha scatenato l’inferno: critiche sono piovute da tutte le parti e il Presidente della USSF, Carlos Cordeiro, ha cercato di metterci una pezza con un messaggio in cui aveva cercato di scusarsi affermando che le dichiarazioni del deposito giudiziario non riflettevano i valori della federazione. Le scuse non sono bastate e a Cordeiro non è rimasta altra scelta che rassegnare le dimissioni il 12 marzo: “La mia unica e sola missione è sempre stata quella di fare il meglio per la federazione, ed mi è diventato chiaro che il meglio in questo momento è un nuova direzione. Non ho avuto l’opportunità di rivedere totalmente il deposito nella sua totalità prima che fosse presentato, e mi prendo la responsabilità di non averlo fatto. Se l’avessi fatto, avrei disapprovato il linguaggio, che non riflette la mia personale ammirazione per le nostre calciatrici o i nostri valori come organizzazione”. A prendere il posto di Cordeiro, almeno fino alle prossime elezioni del febbraio 2021, è salita Cindy Parlow Cone, ex calciatrice statunitense che ha indossato la maglia della nazionale dal 1995 al 2006, vice-presidente sotto Cordeiro e prima donna ad assumere la carica di Presidente della USSF.
Subito dopo sono arrivate le dichiarazioni della portavoce della USWNT Molly Levinson che ha dichiarato: “La cultura e le politiche sessiste supervisionate da Carlos Cordeiro sono state approvate per anni dal consiglio di amministrazione della USSF. Questa istituzione deve cambiare, sostenere e pagare equamente le giocatrici. Queste argomentazioni ridicole appartengono all’era del Paleolitico. Suonano come fossero state pronunciate da un cavernicolo. Qualunque persona al mondo capisce che argomentare che i calciatori hanno “maggiori responsabilità” è semplicemente razzismo e illustra la reale discriminazione di genere che ha causato la nascita di questa causa. Ci vediamo il 5 maggio”. Se suona come un avvertimento, è perchè lo è.