Nel corso degli anni sono diventate – loro malgrado – simbolo di una dicitura da usare in contesti “conviviali”. Ma, in realtà, le tre Grazie rappresentano un Mito nella quintessenza del termine. Nate nella mitologia greca come Cariti, figlie di Zeus ed Eurinome, divennero Grazie quando i Romani conquistarono la Grecia ma vennero a loro volta conquistati dalla cultura ellenica.
Il loro numero è sempre stato incerto, ma l’arte ne ha per convenzione sempre immortalate tre in diverse opere, sia come dipinti che come sculture. La più nota? Non ce ne vogliano gli altri, ma assegniamo questa particolare palma alla Primavera del Botticelli. Nel quadro quattrocentesco esposto nella Galleria degli Uffizi a Firenze, le tre Grazie simboleggiano (rispettando la descrizione tramandata ai posteri da Marsilio Ficino) tre diverse sfaccettature dell’amore: la voluttà, la castità e la bellezza.
A prescindere dal loro significato, le Grazie e la Primavera sono metafore di speranza e di rinascita. Proprio quello di cui l’Italia ha bisogno in questo difficilissimo momento. E, se pensiamo allo sport, sì, il nostro Paese ha le sue tre Grazie dalle quali ripartire. In rigoroso ordine alfabetico: Federica Brignone, Michela Moioli, Dorothea Wierer. Le tre Grazie della neve.
Federica Brignone, milanese, 29 anni. Figlia d’arte (sua madre, Maria Rosa Quario, è stata anche lei azzurra dello sci), da pura gigantista è divenuta, stagione dopo stagione, polivalente. In questa stagione, la sua consacrazione definitiva. Cinque vittorie (due in gigante, due in combinata e una in SuperG) e diversi podi e piazzamenti di rilievo, le hanno consentito di consacrarsi come prima italiana vincitrice della Coppa del Mondo assoluta di Sci Alpino, impresa non riuscita neanche ad altri due miti assoluti come Deborah Compagnoni e Isolde Kostner. Certo, l’immensa Mikaela Shiffrin ha praticamente smesso di gareggiare dopo la prematura morte dell’amato padre lo scorso 3 febbraio a causa di un incidente domestico, ma questo fattore – pur drammatico – non deve sminuire la portanza storica di quanto compiuto dalla Brignone.
Michela Moioli, bergamasca, 25 anni. Anzi, più precisamente di Alzano Lombardo, uno dei paesi più colpiti dall’epidemia di Coronavirus in corso. E chi può saperlo meglio di lei, dato che ha il nonno ricoverato a Bergamo in piena lotta contro questa patologia. Nonostante tale patema d’animo, la Moioli la scorsa settimana a Veysonnaz ha trovato la forza di portarsi a casa la sua terza Coppa del Mondo con dedica personale a suo nonno e universale alla Bergamasca e all’Italia. Poco da scrivere, per fare quello che ha fatto la Moioli in questa situazione, devi essere una Fuoriclasse con la F maiuscola.
Dorothea Wierer, altoatesina, 30 anni. Ha appena finito di vivere la stagione più importante della sua carriera. Quella delle due medaglie d’oro ai Mondiali di biathlon disputati a casa sua, ad Anterselva, nella 10 e nella 15 km (per tacere delle due d’argento). E poi, il bis in Coppa del Mondo ottenuto pochi giorni fa a Kontiolahti, in Finlandia. Una sfera di cristallo che sembrava essere persa, dato che la diretta rivale, la norvegese Tiril Eckhoff, era nettamente davanti prima dell’ultimo bersaglio. Invece, la carabina della Eckhoff ha pesato proprio nel finale, provocandole il crollo in classifica al decimo posto finale. Contemporanamente, Dorothea rendeva concreto l’#andràtuttobene presente sul suo fucile, con un’ultima tornata da urlo che le ha fatta risalire all’undicesimo posto. Posizione che, per soli 7 punti, le ha consentito di mettere le mani per la seconda volta di fila sulla sfera di cristallo.
Federica Brignone, Michela Moioli, Dorothea Wierer. Tre messaggi di gioia sportiva che diventano metafore di speranza e di rinascita. Stiamo giustamente dicendo ad alta voce “grazie” al personale medico e paramedico che stanno giocando la partita più importante per l’Italia dal dopoguerra a oggi. Diciamo, sottovoce, un sentito “grazie” anche alle nostre tre Grazie della neve. Doro, Fede, Michi, grazie. Da voi si riparte. Verso una Primavera che speriamo possa essere più bella anche di quella del Botticelli.