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Argentina e Brasile: basta polemiche, è il momento di fermarsi

Mentre praticamente tutti i campionati europei sono fermi, la UEFA e la CONMEBOL hanno deciso di fermare Champions League, Europa League, Copa Libertadores e Copa Sudamericana; in Argentina e in Brasile si continua incredibilmente giocare nonostante il propagarsi del Coronavirus anche in Sud America.

Partiamo dal Paese di lingua spagnola, in cui troviamo una delle federazioni più incompetenti degli ultimi anni. Stiamo infatti parlando di un’Argentina in cui il campionato viene modificato ogni stagione diventando così al limite del ridicola con il numero delle squadre e il format che cambiano di continua. Quest’anno addirittura si è cambiato in corsa il numero delle retrocessioni. Con il campionato unico (da qualche anno non ci sono più gli storici Apertura e Clausura) e il formato a ventiquattro squadre si è deciso di giocare un solo girone. Questo ha fatto sì che si creasse un buco nella stagione da marzo a maggio. Ecco allora la brillante idea: creare l’inutile Copa de la Superliga, una coppa stile Copa Argentina ma con solo squadre di massima serie. Già di per sé un paradosso, visto che vi partecipano anche le squadre appena retrocesse e proprio per questo motivo ora il Tigre, retrocesso l’anno scorso ma vincitore del trofeo, si ritrova a giocare la Copa Libertadores. Ma veniamo ai giorni nostri. La Federcalcio argentina ha deciso di giocare a porte chiuse nonostante l’emergenza Coronavirus stia arrivando anche in Sud America (34 in Argentina); d’altronde fermare la prestigiosissima Copa de la Superliga sarebbe cosa di una gravità assoluta. Il River Plate però si è impuntato decidendo di non scendere in campo contro l’Atlético Tucumán. Decisione saggio voi direte. Non per la federazione, che ha dato la partita persa alla squadra di Gallardo e la unirà con una sanzione nei prossimi giorni. Nonostante il supporto del sindacato dei calciatori e di Maradona, la federazione, spalleggiata dal Boca (che dopo la vittoria del campionato non si fermerebbe neanche sotto tortura probabilmente), ha detto che finché non arriveranno indicazioni dalla Casa Rosada si continuerà a giocare regolarmente a porte chiuse.

In Brasile le cose non vanno secondo logica e buonsenso migliori. Anche li si continua a giocare, forse ancora più incredibilmente visto che il vicepresidente del Flamengo, Mattos, è risultato positivo al tampone dopo aver viaggiato con la squadra a Barranquilla. Il Flamengo (i cui giocatori si sono sottoposti al tampone, anche se non si sanno ancora i risultati) e tutte le altre squadre sono però dovute scendere in campo lo stesso per i campionati statali, dopo queste allucinanti parole del governatore di Rio de Janeiro Wilson Witzel: “Si gioca, anche se a porte chiuse. Senza pubblico non c’è rischio. Quello è un problema solo per i giocatori. In tanti hanno sottolineato l’infelice uscita, tra cui l’ex Roma Leandro Castan, oggi capitano del Vasco da Gama. Immediato il sostegni da parte del sindacato calciatori e dell’allenatore del Flamengo Jorge Jesus, che ha commentato così la situazione: “Questa cosa non è uno scherzoPrima non avevo tanta sensibilità al riguardo, ma ora ho capito che mi sbagliavo. Qui non bisogna pensare che questa cosa ci sia in altri paesi e non anche in Brasile: anzi, questo è un virus che arriva facilmente dappertutto e anche i miei ragazzi ne sono emotivamente condizionati. Io penso che ci si debba fermare, che non ci possano essere partite: i miei sono calciatori, ma non superuomini. In questo momento il Flamengo è una squadra a rischio perché abbiamo avuto contatti con una persona (il vicepresidente Mattos, ndr) e non si sa cosa possa succedere. Spero che, in questa situazione così complicata per noi, quella con la Portuguesa sia stata l’ultima partita“.

Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù, Uruguay e Venezuela intanto hanno già sospeso tutti i campionati, mentre per ora vanno avanti (oltre ad Argentina e Brasile) Bolivia e Cile… fino a quando capiranno che sarà troppo tardi.