Lo stile Juventus non può essere fascista
Ultras fascisti contro giocatori “buonisti”. L’ennesimo capitolo dello scontro tra tifoserie di estrema destra e chi decide di metterci la faccia per promuovere messaggi di pace e tolleranza, stavolta, si è consumato in casa Juventus. A far rumore, in queste ore, sono state le parole di Federico Bernardeschi, che sul proprio canale Instagram ha scritto qualche giorno fa uno splendido messaggio dedicato al contrasto di odio, razzismo e discriminazioni, definiti “più letali del coronavirus”, accompagnato da alcuni titoli di giornale che hanno trattato alcuni dei casi più vergognosi di violenza (fisica e morale) di queste ultime settimane: dagli attacchi a cittadini asiatici al rifiuto di cittadini italiani da Paesi esteri per paura del contagio del Coronavirus.
Un lungo post con cui il calciatore ex Fiorentina ha voluto rompere il silenzio del mondo dello sport sugli ultimi avvenimenti, concentrando il suo discorso attorno a un punto che dovrebbe essere centrale per il vivere pacifico dell’umanità: non discriminare e non essere discriminati. E anche un monito a ricordarci di questi giorni di paura, sofferenza e di sentimenti di solitudine anche in futuro, quando torneremo a essere la parte felice del pianeta, la terra di speranza per chi ha subito e subirà situazioni ben più drammatiche di questo virus. Senza cancellare con un colpo di spugna l’immagine di ciò che siamo diventati noi in questi giorni, partiti all’assalto di supermercati e treni per fuggire anche in piena notte, quando ad aver avuto la meglio è stata la paura.
Per esporsi nel mondo dello sport, e soprattutto del calcio, ci vuole coraggio. E Bernardeschi lo ha capito subito leggendo i commenti al suo post. Tanti applausi e messaggi di incoraggiamento, certo, ma in bella vista, con centinaia di like, ecco che emergono i commenti di chi vorrebbe rendere gli sportivi macchine non pensanti e dedite a fare soltanto il proprio lavoro, in silenzio. Sono quelli che continuano ad avere la visione dello sport come di un mondo a parte, quello in cui sfogarsi da quel triste peso della realtà che già si devono “sorbire” tutti i giorni. “Gioca a calcio e basta per piacere”, “Pensa a giocare a pallone pagliaccio”, “A chiacchiere sei un fenomeno, peccato tu sia un calciatore”, “Cerca di lavorare e aiutare la squadra, non fare il moralista, non ne hai le competenze e non sei pagato per fare questo”.
Messaggi che hanno anticipato giusto di qualche giorno il triste comunicato del gruppo ultras Secondo Anello che, da quando i Drughi hanno cominciato ad avere problemi dal punto di vista penale, è diventato di fatto il principale punto di riferimento del tifo organizzato della Juventus. Proprio il gruppo di cui è leader Dino Mocciola, arrestato qualche mese fa e con diverse effigi di Mussolini in casa. Un attacco durissimo a Marchisio, da sempre in prima linea nella tutela dei diritti umani e oggi autore di un proprio spazio editoriale, e ovviamente anche a Bernardeschi, finito così nel calderone di chi viene definito “radical chic” quando si parla di argomenti politici diversi da quelli dell’estrema destra:
Quale sarebbe lo stile Juventus per i tifosi del Secondo Anello? Abbracciare i discorsi del fascismo, dell’odio e del razzismo? Ignorare chi in futuro chiederà aiuto a noi, perché l’esigenza degli italiani sembra venire sempre sopra ogni cosa? Ma soprattutto: perché la Juventus non si è ancora mossa con un comunicato stampa ufficiale a tutela di un proprio tesserato, attaccato dalla sua stessa tifoseria per aver mandato un messaggio di contrasto all’odio e alla discriminazione, da accuse che ha sempre ripudiato?
Lo stile Juventus non può e non deve essere quello dei fascisti. Il pensiero di Secondo Anello non è quello della maggioranza dei tifosi bianconeri, come dimostrato anche sui social, e nemmeno della società stessa. Marchisio e Bernardeschi andrebbero tutelati e, invece, ancora una volta chi si espone viene lasciato solo a combattere o, magari, difeso troppo in ritardo. Una vera vittoria, però, è già stata ottenuta: l’ex Fiorentina non si è fatto spaventare e il post resta ancora lì, visibile sulla sua bacheca per migliaia di suoi fan. La libertà d’espressione passa anche da questi atti di coraggio, nella speranza di ritrovarci un giorno con un mondo dello sport altrettanto audace e libero di parlare senza essere silenziati da (almeno presunti) tifosi.