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Chi è causa del suo mal pianga se stesso

Sono giorni complicati. E, come sempre avviene in questi casi, corrosi dalle polemiche. È inevitabile: le ultime decisioni della Lega Serie A, di concerto con il governo, hanno lasciato quantomeno interdetti. Rinviare metà delle partite in programma questo fine settimana non cozza solamente con un calendario sempre più fitto e ingarbugliato. Rinviare metà partite significa usare due pesi e due misure, dare più importanza ad alcune squadre e meno ad altre. E quindi falsare il campionato. In ogni sua sfaccettatura, dalla lotta per lo scudetto a quella salvezza.

A rendere ancora più tragicomica la situazione ci hanno pensato i tempi di attesa. O meglio, il lungo tiramolla settimanale che ha portato a confermare, non più tardi di tre giorni fa, le porte chiuse per le cinque partite considerate a rischio. L’ormai storico comunicato n.91 della Lega Serie A del 27 febbraio 2020 è diventato carta straccia nel giro di poche ore, sbugiardato da un dietrofront che, alla fine della fiera, ha accontentato pochi. Si potrebbe ridere, se non ci fosse da piangere. Perché dietro la scusa del “non possiamo perdere la faccia all’estero”, in realtà il sistema-calcio la credibilità l’ha persa da tempo.

Il pensiero di almeno metà Italia lo ha sintetizzato perfettamente l’allenatore del Napoli Gattuso al termine della gara contro il Torino: “Rinvio? Massimo rispetto per le vittime, ma non sono d’accordo. Bisogna dare regolarità, non ha senso giocare una gara oggi ed una il 13 maggio perché le situazioni cambiano. Il campionato è falsato in questo momento, giocare tra un mese o due sono partite totalmente diverse. Giocare con squadre che non giocano da due settimane è totalmente diverso rispetto a chi gioca. Ci sono tanti soldi in ballo, si poteva aspettare. Bisogna fare le cose fatte bene, non è uguale giocare in momenti differenti”. 

L’allarme coronavirus ha dimostrato che il nostro calcio, quando necessita di una linea comune, si sgretola. Prende decisioni dettate dalla pancia, senza considerare eventuali controindicazioni. In questi casi o si pensa alla malafede o alla inettitudine. Perché se, ad esempio, dici di no a Juventus-Inter ma poi fai giocare Juve-Milan di Coppa Italia – seppur con le limitazioni ai tifosi provenienti dalle regioni a rischio – lo fai con lucida follia o con disarmante incapacità. Ancora una volta il calcio italiano esce con le ossa rotte. Ma ancora una volta vale l’adagio “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.