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Il 2019 dell’Italbici – V…come Viviani

Fa strano parlare del 2019 di Elia Viviani quando il 2020 per il veronese di Isola della Scala è iniziato e ha lasciato due segni. Uno per il cambio di casacca, dalla Deceuninck – Quick Step alla Cofidis. L’altro è invece rappresentato dalla rovinosa caduta subita nel corso del Tour Down Under. Un capitombolo, avvenuto nel corso della 2/a tappa della corsa australiana, che poteva costare la compromissione di una stagione centrata su Tour de France prima e Olimpiadi (in pista) dopo.

Una stagione che arriva dopo un 2019 che ha confermato Elia Viviani nel gotha dei velocisti a livello internazionale. Undici i successi, dei quali tre devono avere giocoforza la prima pagina. In ordine temporale, si parte dalla vittoria nella 4/a tappa del Tour de France a Nancy. Un successo che in un colpo solo ha cancellato le (poche, per carità) critiche piombategli addosso per un Giro d’Italia disputato non all’altezza della sua fama e che ha iscritto Viviani nell’esclusivo club di corridori vincenti almeno per una volta nei Grandi Giri.

Poi, il titolo europeo conquistato ad Alkmaar, nei Paesi Bassi. Una corsa che ha fatto il paio – strategicamente parlando – con quella che nel 2018 lo vide laurearsi campione italiano. Ossia, non aspettando lo sprint generale ma anticipando tutti forte di una grande condizione e regolando i compagni di avventura (in questo caso Lampaert e Ackermann) nella volata ristretta.

Infine, la “sua” corsa. Per il terzo anno di fila, Viviani si è portato a casa la Classica di Amburgo, vero e proprio Mondiale per velocisti d’estate. Un successo netto, d’impeto e di sostanza.

Tre vittorie che hanno detto – semmai ce ne fosse stato ancora bisogno – come Elia Viviani sia un patrimonio del ciclismo italiano, oramai alla pari di Vincenzo Nibali in ordine di importanza. Perciò la sua caduta al Tour Down Under ci ha lasciato con il fiato sospeso, perché perderlo per il 2020 sarebbe stato deleterio. Invece, superate le ammaccature, Elia ci sarà. Per farci sognare.