Pavoletti, che Odissea. Itaca adesso sembra davvero lontana
Ci risiamo, proprio a un passo dal rientro in campo, dalla fine dell’incubo, da quel traguardo su cui ‘’Pavoloso’’ sta lavorando ormai dallo scorso 26 agosto. Leonardo Pavoletti di nuovo KO, quel maledetto ginocchio ha fatto ancora “misteriosamente” crack, lo stesso che lo aveva già costretto ad arrendersi dopo appena 45 minuti dall’inizio del campionato. E adesso, proprio quando il peggio sembrava passato, tra il ritorno in campo e l’attaccante livornese ci si è messa prepotentemente anche la sfortuna o forse, un momento di poca lucidità dello stesso Pavoletti non andata a buon fine: cena di squadra, serata proseguita in un locale del capoluogo sardo conclusasi con il nuovo stop.
Il destino è crudele, a volte. Sembrava fosse vicino il mio rientro in campo, invece eccomi di nuovo a parlare di uno stop. Faccio fatica a sorridere e a trovare le parole ma è già ora di cercare le forze per riprendere il cammino. E sì, ci tengo a ringraziare tutti. Di cuore pic.twitter.com/1nuO4UZIkn
— Leonardo Pavoletti (@Pavoletti) February 10, 2020
Una vera e propria Odissea quella di Leonardo Pavoletti, un Ulisse moderno incapace di ritrovare la via del rettangolo verde, costretto ad affrontare i più svariati problemi nel corso di una carriera caratterizzata interamente da alti e bassi. La “fuga da Troia” caratterizzata dalla gavetta, gli anni in cui dalla sua Toscana gira in lungo e in largo tra l’allora prima e seconda divisione, fino ad arrivare a mettersi in mostra con la maglia del Lanciano. Il Sassuolo lo vede e punta su di lui, Pavo non fa che ripagare la fiducia con quello che sa fare meglio: segnare e trascinare i neroverdi alla prima storica promozione in Serie A. Il massimo campionato ha il sapore del loto per il viaggiatore livornese, ma la realtà lo costringe nuovamente a rimettersi in gioco in cadetteria per poter spiccare una volta per tutte il grande salto. Da qui l’exploit con la maglia del Varese, il titolo di capocannoniere della competizione sfiorato con ben 20 reti messe a segno e dimostrazione di un fiuto del gol degno del massimo campionato.
Il classe ’88 sbarca dunque nella terra del Genoa, la piazza giusta per riuscire a consacrarsi dopo quanto di buono fatto vedere negli anni precedenti. E cosi accade, un patto con il Dio del vento Eolo che gli interrompe tutte le correnti avverse permettendogli di elevarsi ad attaccante di categoria. Il Genoa si salva con largo anticipo, Leonardo sotto la guida di Gasperini diventa “Pavoloso” guadagnandosi anche la chiamata della Nazionale; tutto, insomma, sembra al proprio posto. È il trasferimento al Napoli a complicare nuovamente il percorso del viaggiatore, un vero e proprio passaggio a vuoto che porterà poi l’attaccante a ricominciare il suo viaggio dall’isola sarda appena 6 mesi dopo.
💪 In bocca al lupo @Pavoletti, rialzati più forte di prima! pic.twitter.com/iZMRVDcNTF
— Genoa CFC (@GenoaCFC) February 10, 2020
Qui la nuova estasi, la fiducia persa viene presto ritrovata, il sangue rossoblu di Pavoloso torna a scorrere sotto la maglia del Cagliari. In due stagioni 27 reti messe a segno in Serie A, record personale di gol stagionali in massima serie portato a 16 e gol all’esordio assoluto con la maglia azzurra dell’Italia lo scorso 26 maggio contro il Lichtenstein. Poi, però, il buio più assoluto. Proprio sul più bello, proprio nella stagione che avrebbe consacrato una volta per tutte il talento in maglia isolana. L’infortunio prima e il mistero poi, con le voci più recenti che parlano addirittura di qualcosa di più di una semplice scaramuccia con i compagni di squadra, in seguito ad una vera e propria spaccatura nello spogliatoio. Non certo l’atteggiamento migliore per un ragazzo che da sempre ha fatto del duro lavoro il proprio diktat per continuare a sognare e che all’interno di un ambiente come quello di Cagliari dovrebbe ricoprire il ruolo di trascinatore dentro e fuori dal campo. “Il destino è crudele” ha scritto il numero 30 sui propri canali social. Resta da capire se davvero sia stato solo il destino, o se l’Ulisse livornese ci abbia messo anche del suo.