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Pierluigi Tami presenta il nuovo ciclo della nazionale svizzera

Per Pieluigi Tami, ex tecnico di Lugano e GCZ, attualmente direttore delle squadre nazionali svizzere, è tempo di un primo bilancio. Lo ha fatto, in una conferenza stampa, a Muri, la Casa del calcio svizzero, come viene chiamata, richiamando giornalisti da tutta la Confederazione, ampiamente citata sul sito della ASF.

Si avvicinano gli Europei di giugno, dove (tra l’altro) i Rossocrociati saranno avversari degli Azzurri. C’è la questione del rinnovo di Vlado Petković da affrontare. Secondo il Blick sarebbe praticamente fatta: a dividere le parti solo le cifre, ma sembrerebbe questione risolvibile. L’accordo sarebbe su due anni.

Il ticinese (ma nato a Clusone, come sappiamo) ha affrontato diverse tematiche, con l’affabilità e la gentilezza che conosciamo, sin dai tempi di Zurigo. Tami ha voluto sottolineare, per prima cosa, il ruolo dei club professionistici della SFL. Però, ha anche voluto ricordare che (CdT Sport) “Il nostro sistema nasce dal calcio di base. Tutti i giocatori militanti nella selezione maggiore hanno dato i primi calci nei club di periferia, approdando nei principali campionati esteri. Sono stati bravi i club della Super League a valorizzarli.”

“Questo aspetto e tra i più importanti per il movimento, soprattutto sotto l’aspetto economico. Però il nostro campionato ha perso posizioni nel ranking UEFA. Per la crescita del nostro patrimonio giocatori, sarebbe importante, per i giovani talenti, disputare almeno due o tre stagioni in Super League, magari in squadre di vertice. Ma voglio sottolineare l’importanza delle nazionali giovanili. La credibilità del nostro calcio passa anche attraverso i risultati delle varie Under, e la formazione e crescita di questi ragazzi spetta ai nostri club.”

“La Nazionale deve essere un faro, una vetrina. Per attirare i giovani verso il nostro sport, per mantenere l’attenzione degli sportivi elvetici, dobbiamo divertire, trasmettere emozioni, fare appassionare giovani e giovanissimi. Partecipare a Europei e Mondiali ormai è imprescindibile per il mantenimento e la crescita del movimento. In caso contrario, sarebbe molto più difficile il sostegno ai vari progetti di formazione calcistica.”

Tami ha quindi parlato della nuova organizzazione : “Abbiamo un nuovo responsabile stampa, e abbiamo rafforzato la nostra presenza sui social media. Mi sono occupato anche dei rapporti coi media: forse introdurremo una figura permanente che possa assicurare i contatti con i nostri giocatori. Vorrei anche che venisse meglio conosciuta ed evidenziata la nostra storia. Non abbiamo mai vinto un Mondiale o un Europeo con la selezione maggiore, ma siamo stati campioni del mondo Under 17. Abbiamo avuto grandi giocatori e grandi allenatori nel corso degli anni, e va creata un’identificazione con tutto questo.”

Tami ha poi sottolineato l’importanza di dare, entro febbraio, uno staff definitivo alla Nazionale che dovrà partecipare agli Europei (delle indiscrezioni sul rinnovo di Vlado vi abbiamo riferito più sopra). Ha voluto sottolineare il rinnovo e il ringiovanimento del gruppo, a seguito della cavalcata vittoriosa che ha portato i rossocrociati a Euro 2020. Un’altra novità sarà che la squadra non viaggerà più con giornalisti e tifosi: Ma non vuole essere un segnale di allontanamento dai nostri tifosi o dai professionisti dell’informazione. Semplicemente, è una questione logistica, che non escluderà, ovviamente, momenti di vicinanza con i tifosi e appuntamenti regolari con la stampa”

L’ex tecnico del Lugano ha poi affrontato il tema caldo dell’identificazione dei giocatori, che tanti grattacapi ha portato, lo scorso anno, in Russia. “L’attaccamento ai valori svizzeri non dipende dal cantare o meno il salmo a inizio partito. La maglia si onora in partita, con la prestazione: identificazione è anche rispetto, solidarietà e gioia.”

Parole importanti che noi, forse, dall’altra parte della ramina, potremmo non cogliere appieno. Per Tami, il calciatore svizzero deve essere quindi rappresentante di una filosofia dello Sport, che sia a sua volta un valore per il Paese. Il pensiero di molti è logicamente volato a quanto accaduto in Russia lo scorso anno, con il gesto nazionalista fatto da Shaqiri e Xhaka, mentre indossavano la maglia di una nazione la quale, tra l’altro, ospita tanti cittadini di origine balcanica e, quindi, anche di etnia serba, e non solo albanese.

Al di là di quanto emerso in superficie, e dei tentativi di minimizzare, la cosa ha lasciato strascichi pesanti. E non è un caso che oggi, ai vertici e nello staff, ci siano così tante persone nuove. Ci sentiremmo, a questo punto, di escludere, nel futuro, che a qualche altro venga in mente di fare gesti strani con le mani, dopo un gol. La Svizzera, insomma, riparte. E anche da questa parte della ramina bisognerà tenerla d’occhio.