Home » Çalhanoğlu-Suso, sterilità e fischi

Il Milan vive un periodo buio come poche volte negli ultimi decenni: dopo aver sfiorato la qualificazione in Champions League nella scorsa stagione, i rossoneri sono incappati in un’annata sin qui disastrosa e difficilmente risollevabile. I numeri sono impietosi, terrificanti: 22 punti collezionati in 18 partite, 8 sconfitte incassate, 24 gol subiti ma soprattutto 16 realizzati. L’attacco è il reparto su cui più si può puntare maggiormente il dito: l’Atalanta ha sin qui segnato esattamente il triplo dei gol del Milan e il solo Immobile ha realizzato quasi il triplo delle reti del tridente titolare milanista (19 reti per la punta laziale e 7 per i tre attaccanti del diavolo, rispettivamente 4 Piątek, 2 Çalhanoğlu e 1 Suso).

Il principale colpevole per la critica, sino a questo momento, è stato Piątek: il polacco sta certamente deludendo le aspettative ma il problema principale del reparto offensivo rossonero potrebbe non essere lui; anzi, l’ex Genoa è forse la principale “vittima” del male che affligge da anni il reparto offensivo del Milan: le due “ali”. Ali tra virgolette, giustamente, perché Suso e Çalhanoğlu hanno ben poco di ciò che servirebbe per ricoprire questo ruolo. Non sono veloci, non hanno capacità di inserimento, saltano raramente l’uomo, segnano pochissimo e anche in quanto ad assist non sono molto prolifici. Descritti così sembrano due giocatori offensivamente inutili e il problema è che, a conti fatti, lo sono. Eppure il Milan sembra schiavo del modulo che prevede le tre punte, cucito su misura per il numero 10 e il numero 8. Ogni attaccante che approda a Milanello subisce un’involuzione devastante e sarebbe anche ora di chiedersi seriamente perché.

In un tridente in cui l’unica punta è sempre costretta a fare a sportellate e a giocare di sponda, le due ali dovrebbero essere due frecce pronte a fiondarsi con cattiveria negli spazi vuoti lasciati dal centravanti, ma al Milan non succede mai. Il fatto di farli giocare a piedi invertiti, poi, si sta rivelando un altro clamoroso errore: i due sembrano diventati incapaci di centrare lo specchio della porta quando vanno alla conclusione, mentre quando crossano lo fanno sempre con il piede buono, quindi rientrando e scodellando palloni innocui dalla trequarti che sono estremamente meno pericolosi dei traversoni effettuati da fondocampo; inoltre, tornando sul piede buono, fanno perdere il tempo di inserimento agli speranzosi che si avventurano in area.

Suso e Çalhanoğlu monopolizzano anche i calci piazzati con risultati imbarazzanti: se Suso una volta o due a campionato riesce a metterla dentro nelle punizioni dal limite, il turco non è mai sembrato all’altezza, nonostante fosse arrivato con la fama di “Dio delle punizioni“. Per quanto riguarda i corner, poi, la situazione è ancora più triste: il Milan nell’ultimo anno ha subito più reti in contropiedi partiti da calci d’angolo a favore rispetto a quanti ne ha fatti sugli sviluppi degli stessi. L’ultimo gol su calcio d’angolo è datato febbraio 2019, gol di Piątek a Bergamo.

Suso e Çalhanoğlu sono stati fischiati più volte dal pubblico di San Siro e sono stati messi in dubbio, per la prima volta, anche da Stefano Pioli che ha ammesso di iniziare a pensare a un attacco a due ora che è arrivato Ibra. L’esclusione dei due esterni favorirebbe il gioco per vie centrali, battute pochissimo dal Milan in questa prima parte di stagione nonostante sia risaputo che la porta si trovi in mezzo e non in prossimità delle bandierine. Sono servite 3 gare consecutive senza reti e l’arrivo di Zlatan per mettere in dubbio due giocatori che, negli ultimi tre anni, stanno rendendo il Milan sterile, prevedibile e noioso negli ultimi 20 metri.