Primo Piano

Il 2019 dell’Italbici – B…come Bennati

La 2/a tappa del bilancio del 2019 dell’Italbici è un pretesto per rendere un doveroso omaggio a un corridore che forse non è stato un trascinatore di folle, ma che sicuramente ha lasciato la sua forte impronta nel mondo delle due ruote senza motore. E che, alla fine di questo 2019, ha deciso di appendere la bicicletta al chiodo.

Questo è stato – ciclisticamente parlando – Daniele Bennati. L’uomo dalle tre carriere in una. Diciassette stagioni in sella. Le prime due, 2002 e 2003, a imparare come si fanno le volate da “vagone” del treno Acqua & Sapone prima e Domina Vacanze poi di Mario Cipollini. Poi, dopo un anno da dimenticare alla Phonak, il Benna si mette “in proprio” alla Lampre. Tre stagioni alla corte di Saronni con le prime vittorie. Tra le quali un Giro di Piemonte e un Giro di Toscana. E poi un grandissimo 2007, con due tappe al Tour de France tra cui quella che per i velocisti rappresenta il sogno più bello, a Parigi sugli Champs-Élysées, e tre alla Vuelta a España (Madrid compresa).

Nel 2008, il passaggio alla Liquigas, dove rimane per altre tre stagioni. La più vittoriosa è la prima, quella delle tre vittorie al Giro d’Italia e di un nuovo timbro del cartellino alla Vuelta, nonché del bis al Giro del Piemonte. Nel 2010, un altro bis, al Giro di Toscana. Seguono due stagioni alla Leopard-Radioshack-Trek, dove Bennati si toglie soddisfazioni solo alla Vuelta, vincendo una tappa sia nel 2011 e nel 2012.

Nel 2013, ha inizio la terza e ultima fase della sua carriera. L’aretino si trasforma da velocista a uomo-squadra che deve guidare i capitani nelle insidiose lunghe tappe pianeggianti, difenderli dai rischi dei ventagli e, se possibile, proporli per mettere in difficoltà gli avversari. E con questo spirito per quattro anni diventa l’uomo-ombra di Alberto Contador alla Saxo-Tinkoff e poi, dal 2017 al 2019, fa lo stesso con Alejandro Valverde e Nairo Quintana alla Movistar.

Un corridore al quale è forse è mancato quel pizzico di classe in più che gli avrebbe consentito di competere maggiormente sia ai Mondiali (è stato sei volte azzurro, con i gradi di capitano a Copenaghen 2011 dove giunse 14° nella volata dominata da Mark Cavendish) sia nelle Classiche Monumento (miglior piazzamento, il 6°posto della Milano-Sanremo nel 2009). Ma che sicuramente ha colpito tutti gli appassionati per la sua indubbia professionalità e per la sua dedizione alla causa. Un ciclista che ha lasciato un segno e che mancherà nel plotone.