Lucerna, la crisi non è solo di risultati
A Lucerna, dal punto di vista tecnico, sembra esserci stata una tregua. Dopo le due sconfitte casalinghe contro Lugano e Servette (che si aggiungono a quella in trasferta contro lo Xamax), il direttore sportivo dei Confederati Remo Meyer aveva puntato il dito contro il tecnico Thomas Häberli. Successivamente, attraverso un’intervista al Luzerner Zeitung, lo stesso dirigente biancoblù aveva in parte corretto il tiro: “L’obbiettivo è ora di far bene Assieme nelle prossime gare, che chiuderanno il giorne d’andata.” Un cessate il fuoco, insomma, nei confronti de tecnico, il cui contratto scadrà a fine stagione.
Al di là di tutto, ci si domanda quale sia la posizione più debole tra i due. Il campo ha detto che il Lucerna, nonostante una buona rosa (una storia che abbiamo già ascoltato altrove), ha evidenziato alcune difficoltà, dopo una partenza avvenuta a corrente alternata. La sensazione, per gli addetti ali lavori, è che manchi una vera soluzione alternativa. In Svizzera centrale, infatti, si sono alzate diverse voci critiche nei confronti del direttore sportivo. Non è infatti piaciuta la marcia indietro: di fatto, è stato rimproverato a Meyer (in special modo dal Blick), o si sostiene il tecnico o, dopo un annuncio del genere, lo si sostituisce. Come dicevano i samurai giapponesi, la katana, una volta sguainata, deve bere il sangue del nemico, prima di essere riposta.
Di sicuro, la storia del Lucerna e dei suoi allenatori, negli ultimi anni, è stata abbastanza travagliata. Prima le polemiche che seguirono l’addio di Babbel, poi la geniale intuizione di affidare la Prima Squadra a Seoane, oggi uno dei tecnici più bravi (se non in assoluto il migliore) della Super League. Fallimentare, anche dal punto di vista economico, l’era Weiler, mentre l’attuale inquilino della panchina biancoblù aveva avuto il merito di traghettare la squadra a una più che positiva qualificazione ai preliminari di Europa League dove, però, gli svizzeri hanno dovuto lasciare il passo al più quotato Espanyol.
Ma il problema non è solo strettamente tecnico. È infatti in corso anche una durissima battaglia tra gli azionsti del club della Svizzera centrale. I fatti (come li ha riportati il Blick nei giorni scorsi): nella primavera del 2015, Bernhard Alpstaeg rilevò in segreto le azioni di proprietà di Walter Stierli (il 25% del totale), diventando azionista di maggioranza.
Quest’anno, in maggio, lo stesso Alpstaeg (che è l’azionista di riferimento della Swisspor) ha prolungato l’accordo sui diritti di denominazione dello stadio di Lucerna (la swissporarena, appunto) per altri cinque anni, fino al 2026. In estate, poi, l’imprenditore ha acquistato il 60% del’impianto (il restante 40 percento è rimasto di proprietà del club).
Veniamo ai giorni nostri: il 2 ottobre Marco Sieber, Hans Schmid e Samih Sawiris inviano all’azionista di maggioranza Alpstaeg un’offerta di acquisto del pacchetto di maggioranza del club o, in alternativa, di cedergli le loro azioni. Alpstaeg non ha accolto nessuna delle opzioni e, pochi giorni dopo, si è dimesso dal Consiglio di amministrazione del Lucerna. Scelta imitata, una settimana più tardi, da Sieber, Schmid e Sawiris.
Proprio quest’ultimo, l’imprenditore egiziano che ha rilanciato il comprensorio sciistico di Andermatt, con un investimento di centinaia di milioni di franchi, con 10 anni di lavori, è stato di recente intervistato dal Blick per parlare della vicenda. La sua conclusione è stata laconica: “Nei matrimoni, talvolta, l’amore finisce. Qiuando ciò accade, l’unica soluzionme è lasciarsi.”
Peccato: gli azionisti del Lucerna sono tutti soldissimi dal punto di vista finanziario, e vantano storie imprenditoriali di successo, ciascuno nel proprio ambito professionale. Di sicuro, il campo ci dice che tutta questa agitazione nelle segrete stanze della società si sta ripercuotendo sulla squadra che, evidentemente, al di là dei proclami di facciata, sente emotivamente la situazione.
La Super League è un torneo equlibratissimo (perlomeno dalla terza alla decima posizione), e bastano un mese e mezzo di risultati negativi per trovarsi nel pantano della bassa classifica. La storia recente del calcio svizzero di punta è pieno di questi casi: basta andarsi a vedere i nomi delle compagini fallite o retrocesse degli ultimi dieci anni, per rendersene conto. E la base per la rinascita è sempre stata la solidità dell’assetto societario: pensiamo a Ginevra, Zurigo, Lugano e Neuchâtel, per citare gli esempi più recenti.
La speranza, quindi, è in un accordo tra i litiganti (difficile) o nell’ingresso di nomi nuovi nel club. Il Lucerna è un club appetibile: buon bacino d’utenza, uno stadio nuovissimo e confortevole, una struttura collaudata e ben funzionante rispetto ai giovani (di recente anche Vargas è approdato alla Nazionale maggiore). Tifosi e appassionati restano, dunque, in attesa, sperando che, nel frattempo, il campo dia risposte positive, da qui a metà dicembre. Perché, alla fine, la parola definitiva è quella del pallone, giudice unico e sovente inappellabile di ogni storia di calcio.