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Pallone in Soffitta – L’ultimo volo di Marco van Basten

Una carriera folgorante, che ha toccato vette incredibili e conosciuto tristi assenze dovute alla malasorte. Quella di Marco van Basten, sensazionale attaccante olandese tre volte Pallone d’Oro, è stata martoriata dai guai alle caviglie fino all’inevitabile e prematuro ritiro.

IL CIGNO DI UTRECHT. Che dire di Marco van Basten? Gli aggettivi per descriverlo si sono sprecati. Centravanti dalle lunghe leve, elegante, potente, maestoso in progressione, capace di andare al tiro con entrambi i piedi, di testa, in acrobazia: in una parola sola, unico. Come lui, con questo bagaglio incredibile e insieme bilanciato, nessuno. “Il cigno di Utrecht” aveva iniziato a farsi notare ancora giovanissimo nell’Ajax, già il giorno del debutto a 18 anni e mezzo. Era il 1982, era entrato al posto nientemeno che di Johan Cruijff segnando subito al Nec Nijmegen. In seguito, questo ragazzo avrebbe iniziato ad andare a rete con regolarità per non fermarsi più. Fino al 1987 realizza la bellezza di 152 reti in 172 partite ufficiali con i lancieri di Amsterdam, diventando nel frattempo un protagonista anche della Nazionale. Si congeda dai biancorossi nel migliore dei modi, da match-winner della finale di Coppa delle Coppe contro il Lokomotive Lipsia: è già stato acquistato dal Milan per una cifra vicina ai 2 miliardi di lire. Curiosità: fu inizialmente messo sotto contratto dalla Fiorentina, ma l’affare era saltato per il mancato pagamento da parte dei viola.

MILANO AI SUOI PIEDI. In realtà per van Basten si sono manifestati i primi guai fisici di una certa rilevanza già l’anno prima: oltre all’epatite che lo tiene ai box tre mesi, si infortuna in campionato alla caviglia destra e deve operarsi in Svizzera. Al via della nuova stagione con il Milan, l’olandese ingrana subito benissimo ma la malasorte è pronta ad attenderlo. Stavolta a tradirlo è la caviglia sinistra, dopo il match di Coppa Uefa contro l’Espanyol. Finisce di nuovo sotto i ferri e resta ai box per 6 mesi, rientrando in tempo per aiutare i rossoneri nella vincente volata scudetto sul Napoli di Maradona. Al successivo Europeo in Germania Ovest diventa una stella internazionale, vincendo il titolo con l’Olanda da capocannoniere e realizzando in finale contro l’URSS un gol di rara bellezza e coordinazione, entrato nella leggenda. Nonostante i mesi in infermeria, quel 1988 porta a van Basten il primo Pallone d’Oro, succedendo al compagno e connazionale Gullit. Il Milan sembra aver finalmente trovato un cannoniere di assoluto livello, per coltivare sogni di grandezza. Infatti, l’attaccante di Utrecht è una delle stelle più luminose dello squadrone guidato da Arrigo Sacchi, capace di conquistare due Coppe de Campioni e altrettante Coppe Intercontinentali di fila nel 1989 – anno in cui arriva per lui il secondo Pallone d’Oro – e 1990.

L’APPUNTAMENTO. Marco van Basten, pur arrivando alla rassegna da capocannoniere della Serie A, resta a secco al Mondiale di Italia ’90, che si rivelerà l’unico della carriera. Va incontro ad annate estremamente prolifiche: nel 1991-92 si laurea di nuovo capocannoniere della Serie A con 25 centri, però non brilla all’Europeo in Svezia dove sbaglia un rigore decisivo in semifinale. Inizia la stagione seguente nel migliore dei modi, sembra in forma smagliante: tanto che a novembre mette a referto due poker contro Napoli e Göteborg. France Football gli consegna il terzo Pallone d’Oro e il giorno dopo aver ritirato il premio decide di recarsi alla “Gut Klinik” di St. Moritz per farsi nuovamente operare. Lo staff sanitario del Milan è contrario all’intervento, ma il giocatore si convince ad andare avanti per la sua strada per risolvere definitivamente i suoi guai alla caviglia destra. È l’appuntamento con il destino per la carriera di van Basten. Resta 4 mesi fermo, rientrando ad aprile contro l’Udinese. Segna la settimana seguente contro l’Ancona: nessuno lo sa in quel momento, ma sarà il suo ultimo gol. Prende parte alla finalissima di Coppa dei Campioni contro il Marsiglia, giocando 86 minuti ed uscendo dal campo l’ultima volta. Esattamente, perché a giugno 1993 decide di operarsi ancora. Trascorre due lunghi anni nel disperato tentativo di guarire, però la caviglia non vuole saperne. Gli interventi di pulizia del tendine e delle parti cartilaginee, non si rivelano risolutivi. Un tifoso milanista arriva addirittura ad offrire la sua cartilagine sana per aiutare il campione a guarire. L’allora medico del Milan Monti, intervistato qualche anno fa da Milan Channel, dichiarò: “Marco van Basten arrivò da noi in buone condizioni, lamentava solo un fastidio alla caviglia sinistra che si era presentato durante le prime partite. Andò da questo professore olandese, che peraltro conoscevo e di cui, a prescindere da questo episodio, ho sempre avuto buona stima professionale che lo convinse a farsi operare. Marco allora venne da me un giorno e mi disse che doveva operarsi. ‘E di che ?’ gli dissi, ma lui era convinto. Gli olandesi all’epoca avevano molta fiducia nei loro medici e fisioterapisti, e li seguivano abbastanza ciecamente. Quell’intervento fu l’inizio di un calvario. Non che fu sbagliato tecnicamente ma, diciamo così, si volle strafare. Ricordo che nella fase di rieducazione c’era questa fisioterapista olandese che poveretta non si dava pace. Quella caviglia era proprio rigida, immobile, non recuperò mai più la sua elasticità, era proprio un pezzo di marmo“.

IL MESTO ADDIO. Si grida alla polemica, per quelle articolazioni rovinate da tanti falli dei difensori avversari – già negli anni olandesi – e la scarsa tutela ricevuta dai direttori di gara. E forse per interventi chirurgici non effettuati a regola d’arte. Ricorda lo stesso dottor Monti: “L’ultima operazione interveniva su una situazione ormai compromessa, compromessa dal primo intervento che sicuramente non andava fatto. Senza quell’intervento del 1987 van Basten, pur convivendo con dolori e dolorini, avrebbe potuto giocare fino a….32, 33 anni“. Ormai non si può più tornare indietro. Annuncia il ritiro il 17 agosto 1993, vinto dal lungo calvario, a soli 30 anni. Ma di fatto il calciatore van Basten aveva cessato di esistere a 28. Il commovente addio a San Siro getta un velo di tristezza sulla vicenda di questo fuoriclasse assoluto, rapito alle platee che mille volte aveva incantato: eccolo lì, con la camicia rosa, i jeans e una giacca di renna addosso, per il triste saluto al pubblico. Diego Armando Maradona, alla notizia del ritiro, dichiara: “Mi viene voglia di piangere se penso che uno come lui non può più giocare. Se Dio ha deciso che non giocherà più, è perché non vuole più che ci siano gol belli“.

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