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Occhio Gasperini, ti stai “zemanizzando”

In primis, una doverosa premessa. Gian Piero Gasperini non è solo e semplicemente l’allenatore dell’Atalanta Bergamasca Calcio. No, è molto di più. E’ una delle pietre miliari della storia dell’Atalanta Bergamasca Calcio e appare persino superfluo spiegarne il perché. Però Gian Piero Gasperini ha un difetto intrinseco. Quello di essere umano e di essere, giocoforza, soggetto a errori.
E come tutti gli esseri umani che compiono errori, è giusto e doveroso sottolinearli. Un esercizio non di lesa maestà, ma di semplice onesta intellettuale.

Anche se quello che lascia dubbi sulla guida tecnica del Gasp in questi primi due mesi della stagione 2019/2020 non sono errori o cambi sbagliati durante le singole partite, quanto una tendenza. Sì, più vediamo in campo l’Atalanta più assistiamo a una somiglianza tra la Dea e una squadra allenata da Zdenek Zeman.

Ok, per molti con questa affermazione stiamo “bestemmiando in Chiesa”, ma proviamo a giustificarla con due motivi. Il primo sta nei numeri. Undici giornate di campionato, quarto posto in classifica con 21 punti (in coabitazione con Cagliari e Lazio), di gran lunga miglior attacco del torneo con 30 reti all’attivo ma con 18 subite (hanno fatto meglio dei bergamaschi fin qui 12 compagini e altre due, Udinese e SPAL, hanno lo stesso passivo) con una media di 1,63 reti subite a gara. Media che diventa purtroppo peggiore (poco più di due gol incassati a partita) se vengono considerate nel conto le 11 reti rimediate nelle tre uscite di Champions League.

Squadra spettacolare e devastante in attacco ma con molte falle in difesa, quindi, questa Atalanta. Capace di rifilare goleade (vedi il 7-1 all’Udinese) ma altrettanto capace di subirne (esempio, il 5-1 di Manchester col City). E se non è una squadra che ricorda una compagine di Zeman (pensate ai risultati della Lazio allenata dal Boemo negli anni Novanta) questa, fate un po’ voi.

Il secondo sta nell’atteggiamento tattico di Gasperini, che sta diventando un tantinello “integralista”. Non importa chi sia l’avversario, non importa chi sia a disposizione in rosa, ma non si sfugge dalla logica della difesa a tre alta e che si basa sull’uno contro uno. Un atteggiamento che paga se incontri determinati avversari inferiori dal punto di vista tecnico, ma che diventa deleterio (per non dire masochistico) quando hai davanti concorrenti decisamente più abili tecnicamente.

In soldoni, se poni i vari Toloi, Palomino, Djimsiti e compagnia cantante uno contro uno con un Lasagna piuttosto che con un Lapadula (con tutto il massimo rispetto per questi attaccanti, ci mancherebbe altro) te la cavi e anche piuttosto bene. Se li poni uno contro uno con un Mertens o con un Ribery, l’asticella si alza e devi affidarti al tuo attacco per portare punti a casa. Se li poni uno contro uno con Sterling e Aguero, prendi inevitabilmente cinque reti. Un integralismo tattico che ricorda nettamente Zeman che ha perdurato a giocare con il suo 4-3-3 sempre e comunque, anche quando il suo modo di intendere il calcio era stato abbondantemente capito e contrastato.

Sempre per non dare adito ad equivoci, lungi da noi voler far passare il messaggio che l’Atalanta debba snaturarsi completamente. Anzi, che i neroblu continuino a giocare e a dar spettacolo per altri 1000 anni. Però, un grandissimo e capacissimo allenatore come Gasperini sa benissimo che, qualche volta, non è reato porre delle eccezioni ai suoi dogmi tattici. Tanto per concludere con un esempio, se Mourinho a Barcellona nel 2010 non avesse messo una carovana di pullman davanti alla porta difesa di Julio Cesar, con Eto’o e Milito relegati al ruolo di terzini, difficilmente a quest’ora staremmo ricordando il Triplete dell’Inter.