Sono bastate poche righe in un comunicato uscito nella tarda serata di ieri per confermare quanto ormai era già nell’aria dopo la sconfitta di Verona: Eugenio Corini non è più l’allenatore del brescia. Il presidente Massimo Cellino ha deciso di dare una svolta alla stagione delle rondinelle: un punto nelle ultime sei gare disputate è un bottino troppo magro per stare tranquilli e così il capro espiatorio in questi casi è sempre l’allenatore.
Eugenio Corini, l’artefice della promozione in Serie A lo scorso anno, lascia così la panchina della squadra della sua città dopo 411 giorni di gioie (tante) e dolori (pochi, ma tutti condensati negli ultimi mesi). Era soltanto il primo maggio quando il gol di Dessena regalava al Brescia la matematica certezza della Serie A e ora sembra essere passata un’eternità: la massima serie è di un altro livello, si sapeva, ma l’esonero pare comunque essere una scelta troppo drastica nonostante la preoccupante posizione in classifica (da non dimenticare comunque la partita da recuperare contro il Sassuolo che con tre punti potenziali riporterebbe le rondinelle in linea di galleggiamento).
“La Società Brescia Calcio comunica l’esonero del tecnico Eugenio Corini” si limita a scrivere la società, senza un minimo di ringraziamento: la comunicazione in casa Brescia Calcio è sicuramente un aspetto da migliorare, ma non ci si sarebbe mai potuto aspettare così tanta freddezza verso un uomo, prima che un allenatore, che ha riportato in alto il nome della città dopo anni di sofferenze e delusioni. L’inizio di stagione era stato molto positivo con sei punti nelle prime quattro giornate, ma poi è sopraggiunto il graduale crollo che ha portato soltanto il pareggio interno contro la Fiorentina nei successivi sei incontri.
Guardando oltre il mero valore dei risultati, il Brescia ha sempre ricevuto grandi complimenti per il bel gioco messo in mostra e la mano di Corini era evidente: schemi ben preparati, ruoli definiti e tanta voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Le sconfitte con un solo gol di margine contro Milan, Juventus, Napoli e Inter recriminano qualche rimpianto di troppo per le occasioni avute per portare a casa magari un punto contro delle vere e proprie corazzate, ma è stata la prestazione opaca di Verona ad aver fatto perdere la pazienza a Massimo Cellino.
Il patron sardo ha comunque delle responsabilità da non sottovalutare: avere una minima divergenza con il presidente significa essere messi subito sulla graticola e la mancanza di un direttore sportivo impedisce dei rapporti più stabili tra tecnico e chi ha i ruoli decisionali in società. Nell’organigramma societario infatti Cellino si occupa di tanti (forsi troppi) incarichi e il suo egocentrismo a volte lo porta a voler mettere troppo il becco in decisioni che dovrebbero spettare all’allenatore. Il mercato estivo (orchestrato appunto esclusivamente dall’imprenditore sardo) ha portato il nome illustre di Balotelli, giocatori di rilievo come Romulo, Magnani e Matri e possibili scommesse come Joronen, Chancellor, Zmrhal e Ayè.
La formazione del Brescia ha sempre dovuto sopperire a tante assenze: il tanto acclamato Balotelli ha debuttato soltanto alla quinta giornata segnando due reti (inutili ai fini del risultato), ma la salvezza dei lombardi deve passare soprattutto attraverso le sue giocate di qualità e potenza. L’intesa con Donnarumma (un po’ sparito dopo le reti a raffica in avvio) è da migliorare, ma si sente soprattutto la mancanza di Torregrossa per infortunio. Gli infortuni appunto hanno avuto una parte importante nelle scelte obbligate di Corini: il tecnico di Bagnolo Mella di fatto non ha mai potuto contare su Magnani, Ndoj e Torregrossa, tre giocatori chiave per ogni ruolo.
Corini paga così a caro prezzo colpe non del tutto sue e il bel gioco messo in mostra non è bastato: Cellino non perdona e ora il suo sostituto dovrà conquistarsi sul campo la tanto agognata salvezza. Perché Brescia, dopo un solo anno, non vuole sprofondare nel baratro della cadetteria.