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Toppe peggiori del buco: le perplessità sulla proposta di AIA e LND ai problemi delle nuove divise

Vi avevamo raccontato in un precedente articolo di tutti i fastidiosi e per niente marginali problemi che in questo inizio di stagione erano stati creati a una parte (o meglio, della stragrande maggioranza) degli arbitri italiani in seguito al cambio di sponsor tecnico per le divise. Il rivoluzionario addio di Diadora per abbracciare Legea ha lasciato i direttori di gara di province e regioni in una situazione assai scomoda in questa stagione: gettare nel cestino tutti i prodotti Diadora e arbitrare per tutto l’anno con la divisa gialla a maniche lunghe, salvo dover tirar fuori i soldi dal proprio portafoglio per acquistare altre uniformi di colori differenti. Il tutto, per evitare di rimanere con una sola maglia da utilizzare per tutto l’anno, trovandosi a dover indossare anche pettorine in caso di colori confondibili con quelli delle squadre.

Preoccupati dai rischi che qualche arbitro continuasse a utilizzare prodotti diversi da quelli della Legea, ma anche per voler mandare più o meno un segnale di vicinanza ai giovani arbitri, l’AIA (nella persona di Marcello Nicchi) ha pubblicato negli scorsi giorni un comunicato-toppa quasi più grave del buco. In sintesi, l’Associazione ha dovuto rispondere alla Legea di quei casi (pochi, come sottolineato nel comunicato) di arbitri che avrebbero indossato maglie del passato per evitare confusioni cromatiche con le squadre. Ma come aiutare i direttori di gara che non possono permettersi divise diverse dall’unica gialla ricevuta, senza però venir meno all’accordo così tanto importante con il nuovo fornitore?

Le proposte di LND (Lazio, in particolare) e AIA in merito sono state quantomeno curiose. Mentre i primi hanno invitato le società a non utilizzare divise di colore giallo o di tonalità similare, a costo di cambiarla in occasione delle gare, i secondi sono andati oltre: far prevedere una sorta di obbligo per le società interessate di mettere a disposizione un’ulteriore divisa, di colore alternativo, da far utilizzare agli arbitri, prima di essere riconsegnata.

Detto altrimenti, se non sono gli arbitri a comprare divise alternative, dovranno pensarci le società (che spesso fanno fatica a coprire anche soltanto i costi basilari della stagione) a sborsare la cifra richiesta dal fornitore per evitarsi di dover cambiare i colori sociali. Senza, però, considerare tutta una serie di fattori pratici: di che taglia prendere quest’unica divisa da far condividere in contemporanea da giovani e adulti, persone più esili e più robuste? E sarà davvero così igienico far girare un’unica maglia, soprattutto nei periodi più caldi dell’anno? Piccoli aspetti, ma che possono diventare dei problemi reali, creando ulteriore distanza tra le province, su cui continua ad appoggiarsi e vivere l’intero sistema dell’AIA, e le alte cariche dirigenziali. Le stesse che, con la pessima gestione del cambio di sponsor tecnico, stanno facendo emergere tutte le loro difficoltà nel parlare a quei ragazzi che sognano un giorno di solcare i campi di Serie A, sempre più abbandonati a se stessi con soluzioni decisamente rivedibili.