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Pallone in Soffitta – L’accecante e incompiuto miracolo Parma

Sbarcato in Serie A per la prima volta solamente nel 1990, il club emiliano ha costruito un’epoca a suon di successi: un unicum accecante, a livello di cosiddette “provinciali”.

OMBRA E SCALATA. Il Parma non aveva mai vissuto a contatto con il calcio italiano di vertice. Un sodalizio abituato a barcamenarsi per gran parte del Novecento tra Serie B e C, conosciuto per essere diventato ottima fucina di campioni. Per citare solamente due ragazzi di belle speranze lanciati dai ducali, i futuri nazionali Carlo Ancelotti e Nicola Berti. La scalata, in modo abbastanza inatteso, prende forma al tramonto degli anni Ottanta. Sulla panchina emiliana si siede Nevio Scala, buon centrocampista di A in gioventù diventato tecnico rampante. Si ritrova in casa una nidiata di buoni giocatori, tra cui i giovani difensori Luigi Apolloni e Lorenzo Minotti, l’estroso Marco Osio, il piccolo Daniele Zoratto originario del Lussemburgo, la punta siciliana Alessandro Melli. Nel campionato cadetto 1989-90, alla fine dei giochi, arriva il quarto posto che sancisce la prima storica promozione in Serie A della società dopo quasi ottanta anni di storia. A chi crede sul momento che si tratti di un episodio isolato, verrà riservata una bella sorpresa: il Parma avrebbe smentito tutti con i fatti.

Un undici del Parma 1989-90. Da sinistra a destra, in piedi: Gambaro, Minotti, Susic, Pizzi, Melli, Zunico. Accosciati: Osio, Apolloni, Catanese, Zoratto, Giandebiaggi.

VIA LA POLVERE DALLA BACHECA. In quella fetta di Emilia, neppure il più ottimista dei tifosi immagina che il destino abbia in serbo clamorose soddisfazioni. Nell’estate del 1990, dopo il Mondiale giocato in Italia, il Parma accoglie tre protagonisti stranieri di quella Coppa: il portiere del Brasile Claudio Taffarel, il difensore belga Georges Grün e il frizzante attaccante svedese Tomas Brolin che di Italia ’90 era stato una rivelazione. Sono gli innesti che servono a Scala per un campionato da vertigini, contro ogni previsione. Il debutto in A riserva la sconfitta interna contro la Juventus (1-2). I primi undici parmensi a calcare l’olimpo sono: Taffarel, Gambaro, Grün, Minotti, Apolloni, De Marco, Melli, Zoratto, Osio, Catanese, Brolin. Entrano nella ripresa Sorce e Mannari, il primo – inutile – gol è di Melli su rigore all’88°. La squadra di Scala centra la vittoria alla terza giornata, al Tardini contro il Napoli: decide Osio, che verrà soprannominato “Il sindaco”. Proprio Osio indossa la casacca numero 9 che trae un pochino in inganno, essendo tutto fuorché un centravanti. Si farà apprezzare ugualmente. Melli recita il ruolo del mattatore a gennaio 1991 quando stende con una doppietta il Milan campione d’Europa. Il centravanti di Agrigento, sulla spinta di una forma notevole, diventa il primo giocatore del Parma chiamato in azzurro. Vicini lo chiama per l’amichevole contro il Belgio del febbraio seguente, tenendolo però in panchina. Il primo ducale a debuttare in azzurro sarà invece Alberto Di Chiara nella U.S. Cup 1992: era appena arrivato per il club il trionfo in Coppa Italia, con la vittoria sulla Juventus (2-0) con gol di Melli e Osio dopo aver perso 1-0 all’andata. La stagione successiva si concretizza la grande affermazione in Coppa delle Coppe, grazie anche ai gol dell’imprevedibile Faustino Asprilla. Il Parma elimina nell’ordine Ujpest (Ungheria), Boavista (Portogallo), Sparta Praga (Repubblica Ceca) e gli spagnoli dell’Atlético Madrid, prima di affrontare nella finalissima di Wembley gli inglesi dell’Arsenal. Un trionfo (3-1) firmato da Minotti, Melli e Cuoghi. Ormai le casacche bianche bordate di giallo e blu sono una realtà internazionale, come confermeranno per il resto del decennio.

Minotti alza la Coppa delle Coppe

CAMPIONI. Come accennato all’inizio, il Parma anno dopo anno si rinforza grazie all’inserimento di numerosi elementi di spessore. Uno scenario impossibile da immaginare solo qualche anno prima, per una piazza senza una tradizione altisonante. Tutti i migliori italiani della squadra di Scala vengono portati in Nazionale da Sacchi: basti pensare che tra i 22 convocati per il Mondiale ’94 figurano i cinque parmensi Apolloni, Benarrivo, Bucci, Minotti e Zola, più ulteriori quattro nelle altre rappresentative. Nella stagione successiva il Parma ha la meglio sulla Juventus nella doppia finale di Coppa Uefa. Risultati, visibilità e ingaggi importanti portano a Parma stelle del calibro di Thuram, Verón, Cannavaro, Crespo, Chiesa, Stoichkov. Quest’ultimo, giunto in Emilia nel 1995 da Pallone d’Oro in carica, non si rivelò però un arrivo azzeccato.

 

ULTIMI SQUILLI. L’ultimo trofeo è datato 2002, con la conquista della seconda Coppa Italia da mettere in bacheca. Appena due anni più tardi il crac Parmalat spezzò l’incantesimo, ridimensionando di botto quella realtà che veniva considerata l’isola felice del calcio italiano. Finita l’epoca degli ingaggi sensazionali, la squadra inizialmente fu salvata. Poi, nella successiva proprietà riconducibile a Tommaso Ghirardi, andò tutto a rotoli: fallimento. Fu in quel momento che furono gettate le basi della rinascita parmense, per una mesta ripartenza. Un altro miracolo attendeva però i sostenitori ducali, grazie alle tre promozioni consecutive dalla D alla A – mai accaduto prima nel nostro Paese – e la riconquista di quel posto tanto desiderato, al primo piano. I tempi non sono certamente ancora maturi per poter sognare di rinverdire i fasti passati… intanto è arrivata una salvezza tranquilla, per rimanere ancora a godersi il sole.

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