Alla Neymar. Oppure, meglio, à la Neymar. Senza scomodare marchi o indizi che, in un certo numero, costituiscono una prova, il big match del Parc OL ha lanciato un messaggio chiaro, se mai ce ne fosse bisogno. La rottura con buona parte dei tifosi, sancita in maniera ufficiale nell’ultima al Parco dei Principi contro lo Strasburgo, ha creato un solco, differenziale tra un certo tipo di giocatore, quello arrivato in Francia e incline più alla giocata in sé e per sé e quello attuale, che con una magia al minuto 87 ha risolto un incrocio che spesso, anche negli anni di dominio assoluto, era rimasto per il Paris Saint-Germain un rebus intricatissimo, ossia la trasferta in casa del Lione.
Lo scambio alle porte dell’area con Di Maria, il controllo e il cambio di piede, il palo lontano centrato con una traettoria da tappeto verde: contro il Racing era arrivata una rovesciata last second, in questo modo sono crollate le resistenze di un OL che Sylvinho aveva settato quasi esclusivamente in modalità contenimento, privandolo realmente di un piano B. Pochi giorni dopo l’euforia portata dal successo sul Real Madrid nel debutto di Champions, il PSG infila la quarta vittoria consecutiva, la quinta nelle prime sei giornate, abbastanza per guardare, come in una sorta di enorme déjà-vu, tutti dall’alto, con tre punti di vantaggio sulle prime inseguitrici.
Se l’annoso quesito, a proposito, riguarda l’esistenza o meno di un anti-PSG, gli indizi, alla vigilia del weekend, portavano tutti o quasi dalle parti del Vélodrome. In casa contro il Montpellier, per il Marsiglia sembravano esserci tutte le premesse per mettere ideale pressione sulle altre due big, di fronte nel posticipo. Invece, più che dalla Paillade, l’OM è stato frenato dal nervosismo, testimonianza ne siano i due rossi nel recupero a Kamara e soprattutto Payet, dopo che Germain aveva messo una pezza all’autogol di Sarr. Dopo tre vittorie consecutive, Villas-Boas vede interrompersi la striscia e svanire una buona chance di accorciare sulla locomotiva del campionato.
Dovessimo disegnare l’undici tipo di questa giornata, ci sarebbe bisogno di un tridente offensivo, solo e soltanto perché quella è la collocazione tattica ideale, partendo largo a sinistra, di Casimir Ninga, homme du jour senza discussioni. I suoi tre gol hanno incrinato ulteriormente le certezze di un Saint-Etienne già reduce dal ko in Europa contro il Gent e senza sorriso da sei uscite, il suo timbro in triplice copia ha consentito all’Angers di rimanere con tanto di biglietto vidimato in quella zona Champions che, per quanto precoce, è fotografia coerente di questi primi due mesi scarsi di campionato. E pensare che lui, Ninga, era arrivato senza squilli in Francia, a Montpellier, nel 2015 dopo aver conquistato due volte il trono del gol in Gabon, prima di rompersi il legamento crociato dopo cinque centri in due partite ad inizio della stagione 2016/’17. Roba da maledizione, roba da riprendersi in fretta, specie se arrivi da un paese che in quanto a tradizione calcistica non eccelle (il Ciad) e tu, di voglia e ambizione, ne hai da vendere. Tre anni alla Mosson, la retrocessione con il Caen lo scorso anno e ora Angers, per ambiente, tipologia di gioco e stimoli, l’ideale trampolino della sua carriera.
Se si parla di volare alto, diventa complicato non citare gli aquilotti, les Aiglons, quel Nizza che ha saputo proseguire su un progetto basato sulla tecnica oltre che sulla carta d’identità, sacrificando sull’altare del talento anche qualche spunto tattico che, per Vieira, non era comunque mai diventato dogma. Il 2-1 sulla cenerentola Digione può non essere l’esempio più indicativo, di certo serve come ulteriore prova del cammino intrapreso da una squadra che ha gioventù e sfrontatezza in abbondanza (Dolberg, Ounas) e un mix di tutto ciò che già da tempo è finito sui taccuini del top club, con un nome e un cognome: Youcef Atal. Suo il timbro che tiene i rossoneri sul podio dopo sei giornate, sua la griffe sulla seconda vittoria davanti ai tifosi dell’Allianz Riviera.
Completamente differente il mood a qualche chilometro di distanza, nel Principato. La panchina di Leonardo Jardim non appare più così salda, ammesso e non concesso che, dopo il rapido ritorno post esonero della passata stagione, lo sia mai stata. Lo 0-0 di Reims vale al Monaco il terzo pareggio nelle ultime quattro di campionato, la casella della vittorie è ancora intonsa e i mugugni sono all’ordine del giorno. I tifosi arrivati nello Champagne hanno invocato, a fine partita, le dimissioni del tecnico portoghese, quel feeling che aveva portato alla conquista del titolo 2017, ad oggi una delle storie più belle della Ligue 1 versione nuovo millennio, sembra uno sbiadito ricordo. Il presente parla di difficoltà, di una parte calda della classifica che è più di un semplice flirt da calendario in salita, alla vigilia di un turno infrasettimanale che vivrà, secondo menù, del derby della Costa Azzurra, in programma al Louis II, proprio contro il Nizza. Magari non un’ultima spaggia, di certo qualcosa che gli somiglia tremendamente.