Dentro e fuori dagli stadi, il razzismo sembra non lasciar tregua al calcio inglese. Ma se all’interno degli impianti si sono registrati già da tempo i primi interventi diretti a contrastare questo drammatico fenomeno da parte delle società, arrivate a radiare dagli spalti diversi tifosi negli ultimi mesi, in questo inizio di stagione è soprattutto quello online che sta spopolando, ricreando lontano dai campi un clima semplicemente inaccettabile nel 2019.
L’ultima vittima di questi insulti sui social è stato Paul Pogba, “colpevole” di aver sbagliato il rigore decisivo che ieri sera avrebbe potuto consegnare al Manchester United una vittoria molto pesante sul campo del Wolverhampton. Tra le critiche, anche piuttosto accese, rivolte al centrocampista francese (accusato, tra l’altro, di aver sottratto il tiro dal dischetto che sarebbe spettato a Rashford), non sono mancati pesanti insulti legati al colore della pelle del giocatore, fino a minacciare di morte “that b****** f*****g gorilla”.
Alcuni di questi post sono stati riportati stamattina dai noti giornali Mirror e Sun, che hanno così scosso una volta di più l’opinione pubblica. A rendere ancora più drammatica la situazione è che, in Inghilterra, il razzismo online sta diventando quasi un’abitudine, un destino che gli “haters” stanno cercando di far diventare inevitabile. E basta un dato per comprendere quanto sia grave la situazione: in soltanto una settimana, sono stati ben tre i giocatori finiti nella bufera razzista dei social.
Oltre a Pogba, infatti, già settimana scorsa si era registrato un flusso preoccupante di commenti razzisti nei confronti dell’attaccante del Chelsea Tammy Abraham, attaccato per aver sbagliato il rigore decisivo contro il Liverpool nella Supercoppa Europea, e il centrocampista del Reading Yakou Meite, nella vittoria dei Royals contro il Cardiff.
Ma proprio dopo la fine di Chelsea-Liverpool, uno dei responsabili della più celebre ONG antirazzista inglese, Kick It Out, ha annunciato la storica decisione di Twitter di sedersi a un tavolo per discutere con il gruppo come intervenire per limitare il razzismo online. Una svolta importante, che potrebbe aprire scenari del tutto nuovi nella gestione dell’hate speech online, da anni al centro di interesse di studiosi, organizzazioni e politici.
Il passo in avanti fatto dalla nota piattaforma potrebbe essere una prima risposta al problema, ma è evidente che sarà necessario un intervento molto più profondo anche a livello istituzionale, in Inghilterra come negli altri Paesi europei e nell’UEFA. Lo chiedono in primis i giocatori di tutte le categorie, dalla Premier League a quelle minori, che hanno percepito una drammatica assenza di risposte concrete da parte delle istituzioni stesse, nonostante l’enorme flusso di segnalazioni arrivate proprio dall’app creata da Kick It Out.
La Federazione ha risposto promettendo un miglior sistema di telecamere di controllo, l’introduzione di telecamere da apporre sul petto degli stewards e una riorganizzazione delle risorse per la polizia nei giorni delle partite. Ma l’impressione generale è che la battaglia decisiva si giocherà, a prescindere da tutto, proprio sui social. In quel mondo senza controllo in cui chiunque, anche nascosto dietro profili fake o bot, può dare il via a un flusso di insulti che rischiano di diventare virali, arrivando in pochi secondi nelle case di qualsiasi utente nel mondo. Un fenomeno che conferma, una volta di più, la necessità di un intervento immediato proprio da parte delle piattaforme per tagliare definitivamente le gambe a un odio online che non può più essere ignorato.