Con una prestazione sontuosa, soprattutto nella prima frazione, il Krasnodar sbanca Oporto e prosegue il proprio cammino in Champions League. Tra i russi e la fase a gironi adesso sono rimasti soltanto i greci dell’Olympiakos, i quali fino ad ora non hanno subito alcuna rete in quattro gare disputate.
E’ bastato poco più di mezz’ora al Krasnodar per trasformare il sogno, anzi, le velleità residue, in realtà, trascinato dal talento cristallino di Magomedov Sulejmanov. Prodotto dell’accademia locale, il classe 1999 è stato finalmente messo in campo dal primo minuto dopo essersi guadagnato la scomoda etichetta di asso nella manica da utilizzare a partita in corso. Nell’ultimo anno solare “Shapi” ha collezionato 35 presenze, senza contare quella di ieri, e soltanto quattro di queste da titolare. Durante questo periodo il ragazzo ha segnato ben quattordici reti, con una media di un gol ogni sessantatré minuti. In Europa la statistica diventa ancor più sensazionale, perché oltre ai numeri oggettivi entra in gioco anche il valore della marcatura (magari in una sfida da dentro o fuori) e dell’avversario. Nella primavera del 2019, per intenderci, Sulejmanov ha segnato sia al Bayer che al Valencia, sempre nei minuti finali. Una sentenza.
Si è parlato molto di questo suo utilizzo, per così dire, dosato. Alcuni, dopo la polemica legata alla sua reale età, hanno addirittura complottato su una sua incapacità fisico-atletico di competere sui novanta minuti ma la serata lusitana ha messo in luce una verità ben diversa: Shapi ha un potenziale eccezionale, indipendentemente dalle condizioni di spazio e di tempo nelle quali è chiamato a usufruirne. I due gol di ieri lo hanno dimostrato. Ma il Krasnodar, pur con la doverosa apertura sul gioiellino che, forse con colpevole ritardo degli addetti ai lavori, l’Europa comincia a conoscere, non è solo Sulejmanov, è un collettivo di qualità che continua un processo di crescita razionale che compie ormai un decennio di vita. Escludendo la parentesi di Shalimov, nella quale si è assistito a una vera e propria involuzione fortunatamente temporanea, il Krasnodar guidato da Musaev è una squadra che ha effettuato un salto di livello rispetto al florido periodo di Kononov. Tutto questo in un’ottica di mercato gravata dalle penalità inflitte dal fair play finanziario, le quali hanno acuito le difficoltà di un’estate di cambiamenti. Persa per la differenza reti negli scontri diretti la possibilità di garantirsi al cento per cento i gironi di Champions League, il club con sede sul mar Nero si è trovato a doversi rinforzare fronteggiando, in poche settimane, gli addii di due giocatori chiave come Pereyra e Kaborè, a cui vanno aggiunti i gravi infortunati capitati ad altri titolari quali Gazinsky e Claesson. Ordigni inaspettati pronti a frenare le ambizioni di affermazione nazionale ed europea. La campagna acquisti ha portato a Krasnodar profili interessanti, vedi Vilhena, autore del prezioso gol dell’immediato vantaggio, Namli e Cabella. Ancora da capire, invece, l’ingaggio del veterano Marcus Berg, giunto a parametro zero dopo un’esperienza in Arabia Saudita. A Musaev manca un centravanti di ruolo, considerando poi la scarsa integrità fisica di Ari, ma lo svedese non sembra in grado di conferire alla causa un apporto adeguato. Ieri sul risultato di 0-3 si è divorato la segnatura che avrebbe chiuso i conti, e in Champions League se non azzanni la preda quando ce l’hai tra le mani poi rischi di pagarne le conseguenze.
Oltre a una boa in attacco il Krasnodar necessita di rinforzi nel pacchetto arretrato. Detto che il ventenne Safonov rappresenta una garanzia tra i pali per molto tempo i centrali difensivi non danno troppe sicurezze: tutti over 30, Martynovich, Spahic e Fjoluson hanno dei limiti, soprattutto l’islandese, apparso inadeguato per una squadra di questo calibro. Dietro di loro non c’è nessuno, ed eventuali sostituzioni sono affidate agli occasionali reintegri degli altrettanto esperti Markov e Taranov che durante l’anno giocano con il Krasnodar 2. Un problema non da poco, da risolvere indipendentemente dall’esito del doppio confronto con l’Olympiakos. La gara in terra portoghese ha messo poi in luce altri aspetti da smussare col tempo, come ad esempio la mancanza di malizia durante i cambi, effettuati in modo repentino, guadagnando gli spogliatoi dall’uscita più vicina del rettangolo di gioco, e la inutile fretta nel gestire il pallone nella ripresa. Sottigliezze, dettagli, fondamentali però per scalare sempre di più le vette del calcio europeo. Intanto le caldissime fasi finali del match del Do Dragao hanno spezzato la maledizione dei neroverdi, i quali avevano preso gol in zona Cesarini nelle ultime due uscite internazionali (in tre su quattro se si aggiunge anche l’1-1 di Leverkusen, indolore comunque ai fini della qualificazione). Un dato non da poco, visto quello che è stata per il Krasnodar l’ultima mezz’ora di gioco.
La sorprendente (o meglio, inattesa in virtù dell’andata) qualificazione del Krasnodar rimescola le carte del discorso ranking. Non era questa la gara decisiva (lo sarà molto di più il probabile scontro tra Spartak e Braga in Europa League) ma la Russia ora può disporre di un bonus importante: qualora il Krasnodar dovesse avere la meglio dell’Olympiakos per la prima volta nella storia ci sarebbero tre rappresentati della RPL in Champions League. Oro colato, nella stagione del testa a testa sempre più agguerrito con il Portogallo. Il Krasnodar ci spera, anche perché perdere con i greci renderebbe di fatto totalmente inutile l’impresa di Oporto, almeno per quanto riguarda la pratica, perché comunque i biancoblu dal 2010 non avevano mai saltato la fase a gironi. Sarebbe bello se a prendere il loro posto fossero, sulla falsariga del verdetto emesso dal campo, proprio i russi, che si schiererebbero così in tre contro uno. Ma per cominciare a fare chiarezza sul ranking è meglio rimandare il tutto al sorteggio dei gruppi di entrambe le competizioni, previsto per la fine del mese.
In chiusura, qualche nota sulla polemica riguardante MatchTv. Il canale russo non ha potuto trasmettere la partita a causa di un veto del club portoghese a pochi istanti dal fischio d’inizio (un corrispondente ha cercato di filmare con uno smartphone le fasi conclusive). Una situazione molto simile a quella del 2009, quando lo Zenit giocò a Madeira, senza alcuna telecamera. Tutt’oggi gli unici estratti video di quella sfida provengono da telefoni dell’epoca, nemmeno paragonabili agli strumenti odierni. Per la cronaca lo Zenit perse 4-3, con gol di Fatih Tekke in pieno recupero. Il turco si ripetè anche al ritorno, ma i portoghesi pareggiarono nel finale grazie a un errore madornale del portiere slovacco Kamil Contofalsky.