Ogni anno molti giovani decidono di varcare i confini italiani per un periodo di formazione nel Regno Unito. Per provare un’esperienza diversa dal solito, per migliorare il proprio inglese oppure per entrare in contatto con una nuova cultura. E solitamente l’esperimento funziona, perché tornano più completi e maturi. La speranza è questa anche per Moise e Patrick. Lasciati andare – se troppo presto lo deciderà il campo – dalle loro rispettive squadre, sono pronti a cercare fortuna in Inghilterra. Come tanti loro coetanei Kean e Cutrone sono partiti per un’esperienza nuova. E che li formerà, nel bene o nel male.
Da un lato, quindi, l’emigrazione di due dei maggiori talenti nostrani può essere vista positivamente. Intanto perché, almeno in linea teorica, avranno più spazio rispetto a quello che avrebbero avuto in Italia. Kean approda all’Everton, società gloriosa che a parte qualche piccola parentesi in seconda divisione (l’ultima volta addirittura nel 1954), ha sempre militato in Premier. E che ha tanta fame di vittoria, se si considerano la lunga attesa (non si aggiudica lo scudetto da 33 anni) e “l’invidia” nei confronti dei cugini Reds, reduci dal trionfo in Champions. Cutrone arriva al Wolverhampton, una squadra con meno storia e tradizione ma reduce da un brillante settimo posto in campionato.
Ma merita attenzione il come questi due promettenti attaccanti sono finiti in Inghilterra. Soprattutto il caso del milanista è emblematico: Cutrone non avrebbe mai lasciato il Milan, neppure per fare il titolare da un’altra parte. Lo aveva detto a più riprese, lo ha manifestato all’aeroporto di Malpensa al momento di imbarcarsi. È rimasto deluso dal comportamento della società, che a suo avviso lo ha trattato come un pacco indesiderato. Ha subito la decisione della dirigenza rossonera senza poter manifestare il suo no. Kean, invece, aveva il rinnovo sul piatto. L’accordo andava trovato, visto che il contratto sarebbe scaduto nel 2020. Ma l’impossibilità di privarsi velocemente di altri attaccanti e la possibilità di avere denaro fresco da investire per un calciatore già pronto ha fatto cambiare le carte in tavola.
Come dicevamo sopra non sappiamo se Milan e Juventus abbiano preso la decisione giusta. Questo ce lo dirà il tempo, unico giudice inappellabile. Ma una riflessione la vogliamo fare lo stesso. È davvero giusto privarsi di due talenti, probabilmente il futuro della nostra Nazionale, per rincorrere altri calciatori? Un tempo, quando eravamo noi quelli a dover essere rincorsi, avremmo cresciuto in Italia i nostri talenti. Li avremmo coccolati e mai ci saremmo permessi di farli fuggire all’estero. Evidentemente sono cambiate tante cose e la valorizzazione dei nostri giovani, che un tempo facevamo e ci premiava, è diventata una zavorra di cui disfarsi. Perché la prima e unica cosa che conta è vincere; e il giovane italiano da crescere è ormai passato di moda.