La considerazione è vecchia come il cucco, ma fa bene sempre ripeterla: il Tour de France è una corsa diversa da tutte, è la corsa per eccellenza. E la tensione, alla Grande Boucle, si taglia a fette. Soprattutto nella prima settimana.
Tutti vogliono stare davanti. I velocisti, per trovare il pertugio migliore per lo sprint. Gli uomini di classifica, per evitare buchi. Che diventano voragini quando comincia a spirare il vento. Ne sanno qualcosa Pinot, Fuglsang e Porte che hanno lasciato causa ventagli un centinaio di secondi agli avversari nella frazione di lunedì con arrivo ad Albi.
Oppure per limare le conseguenze di cadute. Per informazioni chiedere a Nairo Quintana e allo stesso Richie Porte, che ieri nella frazione con traguardo a Tolosa vinta da Caleb Ewan a causa di una caduta a 30 km dalla conclusione che ha costretto l’olandese Niki Terpstra al ritiro e che ha purtroppo danneggiato dal punto di vista fisico i nostri Giulio Ciccone e Giacomo Nizzolo, si sono dovuti sciroppare un inseguimento di qualche chilometro del quale avrebbero fatto volentieri a meno.
Ragion per cui, la prima settimana inevitabilmente lascia nelle gambe scorie e tossine sia fisiche che mentali. Questo Tour de France 2019 non fa eccezione alla regola, ma molto probabilmente chi è stato abile a consumare di mano avrà d’ora in avanti un vantaggio in più.
Perché il bello in questa edizione della Grande Boucle arriva ora. Oggi iniziano i Pirenei, con la chicca del traguardo di sabato sul Tourmalet, poi la prossima settimana sarà infarcita di montagne con le Alpi e con la penultima tappa che arriva a Val Thorens, dopo una salita interminabile di 33 chilometri.
Con una seconda parte di Tour de France così disegnata, ogni stilla di energia risparmiata sarà quindi vitale. Il meglio deve ancora venire.