Professionismo del calcio femminile, realtà o fantasia?
Qualche giorno fa il sottosegretario Simone Valente, in una dichiarazione all’ANSA, ha parlato, sull’onda dei successi della Nazionale Femminile ai Mondiali Femminili di Francia 2019, di calcio femminile italiano e di professionismo dello sport femminile in Italia. Ricordiamo che al momento, secondo la Legge n. 91 del 23 marzo 1981 in materia di promozione della parità tra i sessi nello sport professionistico, l’attività sportiva professionistica praticata dalle atlete donne ricavano compensi molto inferiori rispetto ai colleghi atleti uomini. E, come espressamente sancito dall’art. 29 delle NOIF (Norme Organizzative Interne della FIGC), le calciatrici partecipanti ai relativi campionati sono qualificate come “non professioniste“.
Qualcosa aveva cominciato a muoversi già il lontano 8 settembre 2016, quando alcuni parlamentari avevano presentato una proposta di legge per la modifica della Legge 91 in cui si recitava: “Ai fini dell’applicazione della presente legge, sono sportivi professionisti, senza distinzione di sesso, gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”.
Ma torniamo a noi e sentiamo le parole di Valente: “La separazione tra dilettantismo e professionismo è ormai nei fatti superata: il Governo con il ddl sullo sport è andato già oltre perché per la prima volta abbiamo individuato la figura del lavoratore sportivo. Quindi si tratta di un passo ulteriore rispetto alla legge 91 del 1981 che punta a riconoscere diritti e tutele a chiunque lavori nel settore sportivo, senza distinzioni. Quando parlo della legge 91/81 lo faccio solo per sottolineare che le Federazioni, se volessero, paradossalmente potrebbero già applicare il professionismo al settore femminile. Ma il Governo già da tempo punta a superare questa distinzione e a farlo lavorando per rendere sostenibile per il sistema sportivo il riconoscimento dei diritti per tutti”.
A stretto giro di posta è arrivata la risposta da parte del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina nel corso della presentazione del ReportCalcio 2019 al Senato: “Dire che esiste già una legge sul professionismo per le donne è un gravissimo errore di interpretazione. Non abbiamo bisogno di citazioni di legge, quella legge la conosciamo benissimo e sappiamo anche di che anno è, del 1981. Parlare di semi professionismo nel femminile non è un atto di sudditanza o svalutazione del ruolo. Chiediamo semplicemente riconoscimento, rispetto e dignità di tutti quei dirigenti che impegnano energie finanziarie e umane nel mondo del calcio. Abbiamo ottimi anticorpi ma abbiamo bisogno di aiuto da parte di chi ha la responsabilità di condividere il nostro percorso”.
Sull’argomento è intervenuto anche il sottosegretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti: “C’è tutto un mondo in emergenza, Lega Pro e Serie B, dove la legge 91/81 è in difficoltà. La domanda è: il professionismo formale riusciamo a garantirlo o no? Lo stesso lo collego al calcio femminile: va benissimo, ma quei costi poi vanno compensati da qualche ricavo, altrimenti occorre riflettere. Il professionismo del calcio femminile lo stiamo facendo, ci sono le deleghe al governo per rivedere tutto il professionismo sportivo. Spero che in Senato divenga legge il più presto possibile così ci darà gli strumenti per riorganizzare il mondo sportivo. È l’occasione per ripensare il sistema, il professionismo come immaginato nella legge del 1981 non riusciamo a garantirlo sempre e ovunque. Il tentativo è di costruire un sistema al passo con i tempi, moderno e che si incroci con le istanze che arrivano dalla società”.
Qualcosa si è mosso il 27 giugno 2018 quando la FIGC, mediante il Comunicato Ufficiale n. 81, ha aggiornato le NOIF inserendo l’art. 94 quinquies, conferendo una regolarità giuridica agli accordi economici delle calciatrici. Ora le calciatrici hanno l’obbligo di sottoscrivere, su apposito modulo fornito dalla FIGC, accordi economici i quali possono avere durata annuale o al massimo triennale, per un periodo massimo di tre stagioni, il cui massimale di compenso annuo lordo è stato innalzato e fissato a 30.658,00€ (+ 8,88% rispetto al precedente), da corrispondersi in rate mensili di uguale importo entro la stagione sportiva di riferimento. Gli accordi possono includere l’erogazione di somme aggiuntive a titolo di indennità di trasferta e rimborsi spese forfettari, voci premiali individuali e/o collettivi e rimborsi spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale. Ma è ancora troppo poco.