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The show must go on

Alzi la mano chi voleva continuassero all’infinito: Novak Djokovic e Roger Federer nella finale di Wimbledon non stavano semplicemente giocando a tennis, ma erano in uno stato di grazia fermato purtroppo dalla nuova regola contro le maratone: tiebreak sul dodici pari del quinto set e partita decisa dal primo che incamera i sette fatidici punti. Nonostante questa limitazione l’ultima finale dello slam londinese è comunque diventata la finale slam più lunga di sempre, durata ben 4 ore e 55 minuti, battendo quella tra Nadal e Federer nel 2008.

Nessuno si è annoiato, anzi, è stato un peccato far concludere la finale con un “banale” tiebreak che ha premiato Djokovic: il serbo infatti si è fatto preferire a Federer nei punti importanti, salvando due match point e vincendo appunto tutti e tre i tiebreak disputati. Lo svizzero dal canto suo ha incantato con il gioco sublime, ma è mancato in quei cinque o sei punti decisivi che avrebbero potuto farlo diventare campione di Wimbledon per la nona volta.

La regola contro le maratone infinite approvata a fine 2018 è entrata in gioco per la prima volta proprio in questa finale: 12 pari e tiebreak decisivo con Djokovic che prima ha assaporato la vittoria con il break iniziale nel quinto set, ma poi ha dovuto alzare il muro quando sul 7-8 Federer è andato a servire per il titolo. Sicuramente l’introduzione di questa norma ha un senso, soprattutto nei primi turni per non accumulare ritardi quando le partite in tabellone sono veramente tante e una con durata di oltre quattro ore scombussolerebbe il resto del programma della giornata. Magari però avrebbe senso non applicarla nelle finali quando la partita in programma è soltanto una e si decide il campione di un torneo a suon di game avvincenti e combattuti, con la tachicardia che sale minuto dopo minuto.

Dopo il match del 2010 tra Isner e Mahut durato oltre 11 ore in molti hanno storto il naso per queste maratone tennistiche: in quel caso però i due tennisti erano degli abili battitori e il gioco non era molto spettacolare. Ace a cascata e pochi scambi fino a quando l’americano riuscì a strappare il servizio al francese e vincere così 70-68 al quinto set qualificandosi per il secondo turno. Nell’atto conclusivo però difficilmente il livello del gioco è così basso e gli spettatori rimangono con la pelle d’oca colpo dopo colpo: perché fermare lo spettacolo e non dar modo al pubblico di godersi il più possibile lo partita?

Noi, che vorremmo che Djokovic e Federer fossero ancora in campo a distanza di tre giorni dalla finale perché una partita così epica difficilmente sarà ripetibile, ci auguriamo che in futuro si possa rivedere questa regola. Di una cosa però siamo certi: diciamo grazie a entrambi i tennisti per averci fatto brillare gli occhi in una finale già ribattezzata come partita del secolo. Fortuna che siamo nati nell’epoca giusta per ammirarla…

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Rodella Alessandro