Classe immortale
La classe che va oltre ogni immaginazione. L’armonia, l’eleganza. Il colpo perfetto che si staglia sulla racchetta, pennellando traiettorie che trovano angoli impensabili. Noi siamo la generazione-Roger. Quelli a cui brillano gli occhi quando vedono scendere in campo il fuoriclasse svizzero. Forse un giorno, in un futuro più o meno prossimo, qualcuno emulerà le sue gesta e supererà i suoi record. Forse. Ma nella nostra mente rimarranno le immagini di un campione che ha ribaltato completamente questo sport. Unendo la tecnica delle leggende del passato con i canoni del tennis moderno.
Ecco perché Roger Federer può essere definito tranquillamente il più grande di tutti i tempi. Non per i titoli ATP vinti: davanti a lui (102) resiste il primato di Jimmy Connors (109). Ma per la classe immortale che sprigiona il suo tennis. Un tennis completo e vario, capace di divertire ed essere tremendamente efficace. Anche nelle sconfitte Federer non perde mai. Magari gli altri possono prendersi il titolo; ma, seppur vincenti, finiscono nell’ombra se dall’altra parte della rete c’è Re Roger. È successo tante volte in passato, si è ripetuto nella finale di Wimbledon: Djoković ha agguantato il suo quinto titolo sull’erba londinese, ma la gloria maggiore se l’è guadagnata Federer. Che a quasi 38 anni ha sfiorato l’ennesima impresa della sua carriera.
Poco importa, in questo caso, se Federer si è arreso in quella che, da molti, viene definita la finale di Wimbledon più bella di tutti i tempi. Quel 13-12 e quei tre tie-break persi possono distorcere da quello che ha compiuto in campo. Ma chi ha visto la partita sa bene che non è andata così. Federer ha fatto più games di Djoković, non ha dato segni di cedimento e ha lottato punto su punto come un rookie qualsiasi. Vedere un giocatore di questo calibro – che ha vinto praticamente tutto – avere ancora fame è uno spot per tutti quelli che inseguono un sogno e che pensano, a una certa età, di essere ormai arrivati.
Contro un avversario formidabile nel contrattacco Federer ha dimostrato ancora una volta il suo valore. Si è calato nella partita, accettando talvolta lo scambio da fondo nonostante avesse di fronte un avversario molto solido. Ma appena aveva la possibilità, quando Djoković allentava un po’ la morsa, era pronto a ruggire. A suo modo, con la compostezza e l’eleganza che lo contraddistinguono. E stando con i piedi sulla riga, senza mai arretrare di un centimetro.
È per questo che noi della generazione-Roger lo amiamo profondamente. Federer non è solo un predestinato. Al suo talento cristallino, che Madre Natura gli ha fornito, ha abbinato tutte le altre qualità che differenziano un atleta da un fuoriclasse. Quando ha di fronte i suoi antagonisti storici, soprattutto Nadal e Djoković, si nota perfettamente come il suo tennis sia cambiato. Che si sia adattato al modo di giocare dei suoi avversari, pur non perdendo il suo stile inconfondibile. È anche questo piccolo grande dettaglio che gli ha allungato la carriera e lo ha fatto entrare nella leggenda. E che lo ha reso il più amato – oltre che il più forte – di tutti i tempi.