Gran Premio di Gran Bretagna, 10/a tappa del Mondiale di Formula 1 2019, sul circuito di Silverstone. Analizziamo quanto accaduto con la nostra monoposto fornita di un cambio vintage ma potente a “7 marce”.
Viaggia in 7/a marcia, la Formula 1 – Bastava poco, bastava semplicemente far correre i piloti in maniera libera, senza preoccuparsi di quella ruotata in più. E, magicamente, è tornato lo spettacolo, sono tornate le rivalità accese ma corrette (Leclerc-Verstappen promette scintille da qui a 10 anni), sono tornati i colpi di scena. Insomma, è tornata la Formula 1. Promettete di non portarcela più via.
Viaggia in 6/a marcia, Lewis Hamilton – L’opposto della legge di Murphy la si può enunciare come: “se una cosa ti deve andare bene, lo farà“. L’inglese era in testa ma doveva cedere la sua posizione a Bottas in virtù della sua imminente sosta ai box. Che accade? Giovinazzi perde la sua Alfa Romeo che si pianta in posizione pericolosa fuori pista. Risultato? Entra la Safety Car e la decisione viene presa proprio quando Hamilton si trova a imboccare la corsia box. Il Campione del Mondo fa la sua sosta tranquillamente, tutti gli altri, Bottas compreso sono rallentati. Hamilton rientra in testa e va a conquistare per la sesta volta la corsa di casa, staccando un altro record. Bravo, sì. Campione, sì. Fenomeno, sì. Fortunato, anche.
Viaggiano in 5/a marcia, Max Verstappen e Charles Leclerc – La rivalità del passato (anche ai tempi dei go-kart se ne davano di santa ragione), del presente e del futuro. La Formula 1 aveva bisogno di duellanti giovani, freschi e sfrontati. Anche in Gran Bretagna se ne sono date, sia tra di loro che con gli altri (chiedere a Gasly sorpassato in un posto “impossibile” da Leclerc). Poi, l’epilogo è stato diverso con Verstappen tamponato da Vettel e che chiude quinto, mentre Leclerc ha strappato il quarto podio consecutivo, concludendo terzo. Ma c’è solo da fregarsi le mani immaginando gli spettacoli futuri che possono offrire questi due.
Viaggia in 4/a marcia, Valtteri Bottas – Perdere dal tuo compagno di squadra non è mai facile. A maggior ragione, se il tuo compagno di squadra si chiama Lewis Hamilton. A maggior ragione, se in questo fine settimana fai tutto ciò che devi fare, conquistando anche la pole position e rispondendo presente all’attacco di Hamilton in corsa. Ma perdere perché un altro pilota compie un errore e la Safety Car condiziona la tua gara, beh, brucia ancora di più. Un fattore esterno che però non può e non deve cancellare l’ottima gara del pilota finlandese.
Viaggia in 3/a marcia, Sebastian Vettel – Una marcia in più solo perché nella prima fase di gara “disobbedisce” alla scellerata decisione del muretto Ferrari di farlo rientrare per il cambio gomme, guadagnandosi con un pizzico di fortuna (Safety Car) la possibilità di lottare per il podio. Però la discontinuità che lo sta accompagnando in questa prima parte di Mondiale, torna inesorabile quando decide di tamponare la Red Bull di Verstappen rovinando la sua prestazione. Sembra rivivere la situazione del 2013, quando da quattro volte Campione del Mondo, soffrì l’astro nascente Ricciardo e visse una stagione incolore, preludio del suo addio alla Red Bull e al suo passaggio in Ferrari. Accadrà anche qui la stessa cosa?
Viaggia in 2/a marcia, la strategia Ferrari – Il muretto di Maranello una volta era foriero di decisioni corrette e ingegnose. Una volta. Passi il distacco tecnico dalla Mercedes, ma gli errori strategici sono oramai diventati una pericolosa costante. Anche a Silverstone da annotare l’ammutinamento di Vettel che rifiuta di tornare ai box (e con ragione) e poi l’incredibile scelta di non far fermare Leclerc in contemporanea con Verstappen in regime di Safety Car. Poi il podio per il monegasco è arrivato lo stesso, ma davvero la Ferrari Gran Premio dopo Gran Premio sta seguendo la legge di Murphy. Quella vera. “Se una cosa deve andare male, andrà male“.
Viaggia in 1/a marcia, la Haas – Ennesimo fine settimana da incubo. Prima la falsa notizia dell’abbandono dello sponsor principale per scarse prestazioni, poi Grosjean e Magnussen che decidono di “suicidarsi” scontrandosi tra loro dopo poche curve. Chissà le urla del Team Manager Gunther Steiner nel motorhome.