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Calcio femminile, a quando il professionismo?

Photo by Daniele Badolato - Juventus FC/Juventus FC via Getty Images

Il bellissimo cammino della Nazionale Femminile di Milena Bertolini ai Mondiali Femminili di Francia 2019, fermato solo nei quarti di finale dalle campionesse europee dell’Olanda, ha sollevato temi alquanto pesanti in Italia in questo momento, il cui primo tra tutti è il professionismo delle calciatrici: va ricordato che, a oggi, la Legge 91 del 1981 considera tutto lo sport femminile in Italia come dilettantistico e quindi non soggetto a determinate tutele di legge e il loro rapporto con le società non è regolato da un normale contratto. Questo perchè, in pratica, il loro è un accordo economico che prevede rimborsi e parametri ma non comprende, ad esempio, contributi previdenziali, e tutto questo inevitabilmente penalizza le calciatrici: questi accordi economici tra le parti non possono superare i 12 mesi e soprattutto prevedono compensi economici entro limiti ben precisi, con una calciatrice italiana che non può ricevere un compenso superiore ai 30.658 euro lordi a stagione.

Sulla vicenda si è espresso il Presidente della FIGC Gabriele Gravina che, pur condividendo il grande entusiasmo sul calcio femminile, relativamente all’ipotesi di introduzione del professionismo, ha invitato alla cautela e ha rivendicato le energie spese da FIGC e LND in questi mesi: “Dobbiamo gettare le basi perché a queste ragazze sia consentito il salto di qualità che meritano. E’ un impegno concreto che si è preso la FIGC: dal 1° luglio 2020 lo status delle calciatrici cambierà. Certamente le ragazze arriveranno al professionismo, ma pensare di introdurlo oggi significa non avere idea dei rischi che questa scelta comporterebbe. Sarebbe un salto triplo, dai costi per molti ancora insostenibili. Noi ora abbiamo il dovere di creare i presupposti per espandere il movimento femminile, ma dobbiamo innanzitutto valutare l’impatto che un cambio di status provocherebbe sul sistema. Non possiamo esporlo al rischio di perdere partecipanti. Mi preoccupa di più che ciò possa essere un fenomeno di moda che si esaurisce con una competizione sportiva. Noi siamo invece per progettare il futuro e darci una prospettiva dove tutele e status non prescindano dalla sostenibilità. Non a caso abbiamo lavorato ad un emendamento all’ordine del giorno del governo dove sono proposti sgravi fiscali sia per i calciatori della Lega Pro, sia per il calcio femminile, ma limitatamente alla Serie A, oltre a una maggiore tutela previdenziale e un sistema pensionistico per le calciatrici. Tutto questo per rispondere anche alle esigenze della società, perché un conseguente aumento del carico fiscale potrebbe incidere pesantemente e indurre a rinunce”.

Gravina ha le idee molto chiare su cosa fare:Dobbiamo recuperare un gap ventennale, ciò nonostante le nostre ragazze sono riuscite a entrare tra le prime otto del mondo. Un’impresa incredibile. Il semi-professionismo? Non sarebbe affatto una diminutio. Le ragazze avrebbero tutti gli onori e i diritti dl professionismo, e le società sarebbero sgravate di molti oneri fiscali da reinvestire. Ringrazio il Governo che rispondendo ad una nostra richiesta è riuscito a inserire nel “Collegio sport” appena approvato in Parlamento l’impegno a garantire una maggiore tutela previdenziale e un sistema pensionistico per le calciatrici, e 240.000 euro di crediti d’imposta annui per le società di C e di A femminile”.

Sullo stesso tema si è anche espresso il presidente del Coni Giovanni Malagò: “Bisogna individuare la soglia vera fra sport dilettantistico e professionistico, servirà una legge per cambiare quella del 1981. E’ un tema che appassiona, ma ciò che facciamo per il calcio lo dobbiamo fare anche per il basket, per lo sci e per il nuoto e altri. E’ tutto il comparto che va rivisitato. Se la società sportiva ti paga da professionista, ci sono un’altra serie di costi a cominciare da quelli previdenziali, di cui bisogna farsi carico. Oggi il sistema questo non se lo può permettere. Serve lavorare sull’impiantistica ed aumentare il bacino dei settori giovanili“.

Da canto loro, le Azzurre un segnale l’hanno lanciato: ora la palla passa alle istituzioni.