L’ultimo strenuo tentativo di pulirsi la coscienza
L’ormai ex ct Di Biagio non vuol sentire parlare di fallimento. Eppure, alla luce dell’eliminazione al primo turno e alla conseguente mancata qualificazione per le Olimpiadi di Tokyo 2020, vorrebbe proprio da usare questa parola. Perché quando hai a disposizione la Nazionale più forte degli ultimi anni (perdipiù con la possibilità di giocarti il titolo in casa) e buchi completamente i due obiettivi minimi (semifinale e Olimpiade) pensare a un fallimento è tutt’altro che fuori dal mondo. È vero, ha pesato il “biscotto” tra Francia e Romania, ma se avessimo almeno pareggiato contro la Polonia saremmo stati noi a passare il turno. E da primi in classifica.
Di Biagio ha rivendicato l’ottimo lavoro fatto durante questi anni che l’hanno visto in sella alla Under 21: “In senso assoluto, il voto è altissimo. Ho fatto un ottimo lavoro. L’obiettivo era rilanciare il calcio italiano, cambiare la mentalità, competere con le migliori nazionali, giocare in una certa maniera, portare ragazzi in Nazionale maggiore. Abbiamo un database pazzesco, su tutti i ragazzi dall’Under 15 all’Under 21. Certo, sul piano del risultato non posso essere contento, ma non parlerò mai di fallimento. Rifarei le stesse scelte, anche con la Polonia. Tra infortuni e problemi non eravamo così tanti: forse con la Polonia nel secondo tempo potevamo fare qualcosa di diverso, ma non mi rimprovero molto”.
Dichiarazioni che hanno, ovviamente, creato un dibattito acceso sulle responsabilità di Di Biagio. E che a noi non sono piaciute. Sicuramente la colpa non è tutta dello staff tecnico, ma la versione dell’ex commissario tecnico è sembrata fin troppo ottimistica, quasi superficiale: vero che in questi anni è stato fatto un ottimo lavoro a livello di scouting, ma i risultati dovevano comunque arrivare. Soprattutto quando alleni una Nazionale con una tradizione importante come quella italiana. Di Biagio avrebbe dovuto fare maggiore autocritica, anziché trincerarsi dietro all’orgoglio di aver fatto tutto il possibile. Anche perché sono i fatti a parlare per lui: di tre edizioni del Campionato Europeo l’Italia ne ha indovinata mezza – nel 2017 – quando grazie alla differenza reti favorevole riuscì, nonostante la sconfitta 3-1 contro la Repubblica Ceca, a qualificarsi per la semifinale (poi persa abbastanza nettamente con la Spagna).
Se in passato c’era stato qualche dubbio sulle potenzialità della rosa (ad esempio nel 2017 la Spagna sembrava sulla carta superiore), questa volta non ci sono scusanti. Gli azzurrini avevano tutti gli strumenti per qualificarsi per la semifinale e, se non lo hanno fatto, è anche per colpa di chi li ha guidati. Adesso si volterà pagina, affidando la panchina a Nicolato o a Evani, ma ammettere di aver sbagliato qualcosa – nella gestione del gruppo e delle partite – sarebbe stato un esercizio apprezzabile.