Si infrange in semifinale contro un sontuoso David Goffin il sogno di Matteo Berrettini di approdare alla finale di Halle nel tempio sacro di sua maestà Roger Federer. Il match su suolo tedesco si è chiuso con un amaro 7-6 6-3, eppure il tennista romano ha acceso una luce color verde, come l’erba che ha calpestato e macinato in queste ultime due settimane, vincendo a Stoccarda e giocandosela alla pari contro chiunque nella cittadina della Renania Settentrionale-Vestfalia.
C’è una generazione italiana di amanti del tennis, quella anagraficamente vicina a Federer, Rafa Nadal e Nole Djokovic che si domanda perché il nostro Paese non possa avere – non un mostro sacro come loro – ma qualcuno che bazzichi attorno ai big nelle semifinali in giro per il mondo e che entri stabilmente nella top ten mondiale. Fabio Fognini c’ha messo una carriera per vincere un Master 1000 e centrare una di quelle dieci posizioni tra i migliori del mondo. Ma in tanti sanno che le speranze per il futuro non ruotano attorno al 32enne ligure, che nonostante il miglior ranking della sua carriera, per limiti anagrafici difficilmente manterrà la posizione per un lunghissimo periodo. Le speranze sono rivolte attorno ad un gruppo di tennisti ventenni che dalla scorsa stagione continuano ad inanellare risultati, a fare punti e a migliorare la propria classifica. Tra questi, probabilmente, colui che sta sbalordendo più di tutti è Matteo Berrettini.
Il 23enne romano, dopo aver vinto a luglio 2018 Gstaad su terra rossa ed essersi confermato sulla stessa superficie nell’Open di Budapest nell’aprile di quest’anno, ha iniziato la stagione sull’erba a Stoccarda la scorsa settimana non cedendo neppure un break ai suoi avversari e portandosi a casa il terzo torneo 250 della sua carriera. Giunto ad Halle – dove il livello si alza essendo un torneo Atp 500 – tutti si aspettavano un calo del tennista italiano che non è arrivato. Sì, Berrettini ha perso in semifinale da un Goffin che molti avevano dimenticato. Ma il belga è e rimane un giocatore di assoluto livello, spesso fermo per infortuni, ma uno che la top ten la conosce bene, che ha giocato una finale di un Atp Finals nel 2017 – che per i non addetti ai lavori coinvolge solo i migliori della classifica a fine stagione – insomma, uno che sull’erba si sa adattare e distinguere, non proprio l’ultimo arrivato.
E allora succede che una sconfitta segna una vittoria. Perché se è vero che da qualche anno i tennisti italiani riescono a togliersi qualche soddisfazione, è altrettanto vero che è la costanza nei risultati a non aver mai entusiasmato il pubblico. Berrettini aveva una sfida dopo Stoccarda, per di più da cogliere alla luce della sua giovane età, dimostrare che il successo sull’erba non fosse un caso. In questo c’è riuscito a pieno. Ha giocato due grandi tornei consecutivi affrontando e battendo giocatori più forti di lui. L’unico rimpianto è aver visto sfumare il sogno di un’altra finale, magari contro il grande Roger Federer. Ma poco importa.
Adriano Panatta – non uno qualsiasi – colui che ha vinto Roma e il Roland Garros nell’ormai troppo lontano 1976 ha detto che Berrettini è da top ten, ed è vero. Certo, c’è ancora da lavorare, dei colpi da migliorare, ma di uno che in campo riesce ad affrontare la sfiducia, che gestisce l’adrenalina, che sa servire, smorzare, accelerare e che sull’erba sembra danzare, non si può che esserne orgogliosi. Il tennista romano in questi quindici giorni – con gli ovvi limiti di paragone – ci ha ricordato quel Federer che proprio ad Halle a 22 anni, nel 2003, iniziava la sua scalata alla leadership del tennis mondiale, da quell’erba che gli avrebbe regalato il primo Slam a Wimbledon solo tre settimane dopo. Basta ricordare questo per lasciarsi percorrere da un brivido lungo la schiena.
Berrettini, infatti, dopo queste ultime due settimane non è più una speranza. Al di là di quello che dirà il ranking lunedì, Matteo è ormai una certezza del tennis italiano, ma anche un giocatore accreditato nel panorama internazionale. Mentre tra qualche ora si apriranno i cancelli di Wimbledon per le qualificazioni, tutti sanno che tra i migliori e più in forma sull’erba in questo momento c’è un italiano. Inutile dire che è la prima volta nella storia che questo accade.
Simone Nardone