Sarri è lo stesso, ma è cambiato
Suvvia, quel dito medio ai tifosi della Juve è acqua passata. Son cose che in fondo fanno parte del calcio, dettate dalle emozioni e dalla tensione del momento, e quelli erano chiaramente altri tempi. Quel dito medio è gia alle spalle, così come alle spalle devono essere messi ricordi e chiacchiere. Sarri alla Juventus apre un’era, e fa nulla se la Signora è stata per anni l’avversaria da battere bella e inarrivabile, la Signora tutta stile e qualità, distante anni luce dal Napoli operaio, gestito tra bestemmie, urla, in tuta e tante sigarette.
Tutto alle spalle, dicevamo. È tutto diverso adesso. Sarri, verace sì ma un po’ ammorbidito nella schiettezza (dopotutto: importa così tanto?) maestro di calcio, pioniere di uno stile di gioco elogiato in Europa, campione di un’Europa League che è una medaglia al valore meritata, per quella scalata di carriera effettuata in un decennio che c’è gente che non ci riuscirebbe neanche a Football Manager.
🗣 Sarri: «La Juve, il coronamento di un cammino»
🗞 Le prime parole del nuovo tecnico bianconero ➡️ https://t.co/Lglo2djDZc#WelcomeSarri pic.twitter.com/FGhwK1jQnj
— JuventusFC (@juventusfc) 20 giugno 2019
Parlavamo di stile, ecco: quello, magari, sembra averlo leggermente smussato, cambiato, differenziato, modificato, juventinizzato. La conferenza stampa di presentazione, evento mediatico di questo giugno di calciomercato, ha sciolto più di un dubbio. Giacca e cravatta, sguardo deciso, tante strette di mano (alcune evitate), qualche frase ad hoc, qualche spiegazione che forse non era neanche necessaria. Maurizio Sarri è un professionista: i sentimenti, a volte, devono essere gestiti e limitati. E fa nulla che a Napoli in molti si sentano traditi: immergetevi nei suoi panni. Vi chiama la Juventus, vi chiede di vincere la Champions League, vi riempie d’oro: avreste rifiutato?
Nuova era, nuova Juventus. Vincere resta l’unica cosa che conta, ma con Sarri è inevitabile che i successi passeranno anche per il bel gioco. Meno frecciate e battute, più giacche e cravatte, meno cicche in panchina, ma sempre e solo calcio, il suo calcio. Preciso, matematico, fatto di uomini che conosce, di droni, dialogo con i leader, di qualche sicuro innesto di qualità, e tanta tanta energia. Perché dopo una scalata così, è giustissimo che Sarri punti all’Europa, anche alla guida di una squadra che solo qualche anno fa, ipse dixit, non lo faceva dormire la notte.