Dal nostro inviato a Lugano (CH)
Gran caldo, ieri, a Cornaredo, per il raduno bianconero. E se l’impianto di irrigazione del campo ha messo in fuga, in un paio d’occasioni, con la sua partenza improvvisa, cronisti e giocatori, impegnati nel loro lavoro, ha anche regalato un po’ di refrigerio. Nessun problema di riscaldamento globale: in Ticino, in questa stagione, fa caldo normalmente. E anche Greta Thurnberg, di passaggio qua durante il viaggio di rientro in treno dall’Italia verso la Svezia, in attesa della coincidenza per il Nord Europa, qualche settimana fa, aveva apprezzato clima e panorama.
Parliamo di calcio, quindi. Fermo restando che la situazione societaria, in costante evoluzione, è l’argomento principe di ogni discussione tra gli addetti ai lavori. In Svizzera, come sappiamo, amano la precisione, e questi continui rinvii della decisione finale sul futuro societario infastidiscono. Mettiamoci anche il fatto che Leonid Novoselskiy (persona comunque ben conosciuta in Ticino per il suo impegno nel settore giovanile bianconero) non è un patrizio di Morbio Superiore, con tutto quello che ciò comporta rispetto alla naturale diffidenza nei confronti di quelli “di fuori” (sentimento ampiamente condiviso anche “oltre ramina”, come sappiamo), e il gioco è fatto.
Premesso questo, siamo arrivati al campo C2 di Cornaredo curiosi di ascoltare le parole dei giocatori e degli altri addetti ai lavori, sperando (magari) d’incontrare i due protagonisti della vicenda. Nulla da fare: dagli uffici è filtrata la notizia che l’imprenditore russo era in Bulgaria, mentre Renzetti, per impegni di lavoro, non aveva potuto essere presente al primo allenamento del gruppo.
Hanno, bene o male, parlato gli altri. Soprattutto Celestini ha dimostrato, in questo momento, di essere l’unica certezza del Lugano. Nonostante una clausola del contratto di rinnovo che lo lascerebbe libero di accasarsi altrove, in caso di cambi al vertice, e permetterebbe anche alla società medesima di scegliersi un altro allenatore, senza oneri particolari. Insomma, una situazione quantomeno precaria, a voler ben vedere. Aggiungiamoci il fatto, non secondario, della partenza per Torino del Direttore Sportivo Giovanni Manna: non solo un dirigente, ma l’uomo che lo aveva portato in riva al Ceresio.
L’allenatore, invece, sta dando a tutti una grande lezione di equilibrio e concretezza. Il tecnico romando risponde alle domande sul caso, e lo fa senza giri di parole, senza troppa diplomazia, come ti aspetteresti da uno nel suo ruolo. Celestini espone elementi oggettivi: “Sono qui par fare il mio lavoro, e mi stanno mettendo nelle condizioni di farlo al meglio. Gli impegni agonistici della prossima stagione ci chiedono almeno due giocatori per ruolo, e la società si sta impegnando per fornirci gli elementi che ci servono. Questa situazione va avanti da qualche mese: i giocatori la conoscono, la conoscevano anche prima. Non hanno mai chiesto nulla, se non di lavorare e di giocare. Indipendentemente da ciò che accadrà, non si è mai smesso di lavorare per il futuro, per essere pronti alle sfide che ci attendono.”
A pensarci bene, non sono parole scontate. Alla base dei dubbi sul futuro si parla delle cifre importanti sul tavolo, vista la programmazione quinquennale. C’è il rebus del nuovo stadio, non del tutto risolto, con i dubbi rispetto alle due torri che dovrebbero ospitare gli uffici amministrativi comunali. Qualcuno ha messo in discussione l’opportunità di costruirle, per i timori legati alla decentralizzazione della burocrazia locale. Fa un po’ sorridere la cosa, specialmente per noi che viviamo a Milano: ieri, dal parco Ciani a Cornaredo, a piedi, vista la bella giornata, abbiamo impiegato 20 minuti. Fossimo andati coi mezzi pubblici, ne sarebbero bastati meno della metà.
Renzetti, a Fuorigioco, su TeleTicino, ha avuto (giustamente, secondo noi) motivo di lamentarsi di queste ambiguità che ritardano la partenza dei lavori. Sui bianconeri incombe la tagliola della Swiss Football League: entro il 2021 i lavori dovranno partire. In caso contrario, i bianconeri dovranno trovarsi un’altra casa, e in Ticino non ci sono strutture adeguate. A oggi, vorrebbe dire andare oltre Gottardo (come già accade per le partite di Europa League): di fatto, sarebbe la fine del club.
In tutto questo, Celestini mantiene invece la barra dritta. Ostenta, al gruppo e agli addetti ai lavori, tranquillità e certezze. Gli arrivano i giocatori che ha chiesto, parla del loro futuro impiego, e del Lugano che ha in mente. Si dice contento di sfidare l’Inter in amichevole (ne ha parlato a Fuorigioco Estate, il format di stagione della popolare trasmissione su TeleTicino), ma mette in chiaro una cosa: i suoi scenderanno in campo, il 14 luglio, con 3 settimane di lavoro nelle gambe, e con la prospettiva del debutto stagionale in campionato dopo 7 giorni, mentre i nerazzurri di Conte avranno fatto solo 5 giorni di allenamento. Due piani completamente diversi, e non solo per la differenza di livello tecnico fra le due compagini.
L’altra cosa che ci piace del tecnico romando è la sua riconoscenza per l’ambiente: non sono, come sappiamo, cose scontate nel mondo del calcio. Sempre nella lunga chiacchierata televisiva con Patrick Della Valle, l’allenatore ha voluto sottolineare che si è sentito sempre protetto da una società che, ha ricordato, lo ha preso dopo un periodo d’inattività a seguito di un esonero. Ha poi aggiunto che Renzetti lo ha sempre difeso anche durante la serie negativa senza vittorie, durata 8 partite, con la squadra che scivolava inesorabilmente verso il fondo della classifica. Lo stesso presidente che, oggi, lo ascolta ogni giorno, e con il quale si confronta per mettere in piedi la squadra per l’imminente stagione.
In definitiva, non sappiamo cosa accadrà del FC Lugano la settimana prossima. Però, la certezza è che Celestini non avrà problemi a restare, se gli daranno la possibilità di continuare a lavorare come sta facendo ora. L’obbiettivo principale è mantenere la categoria: anche quest’anno, la Super League sarà caratterizzata da un grande equilibrio e, a parte le due corazzate Young Boys e Basilea, le altre non hanno nessuna certezza. La stagione passata del GCZ e quella del 2016, con la retrocessione dello Zurigo, sono lì a ricordare che, nel calcio svizzero, le certezze sono poche. E, oggi, avere una roccia alla quale aggrapparsi, per il Lugano, non è cosa da niente.