Mancini e il centrocampo dell’Italia, roba da grandi
Percorso netto dell’Italia nel Gruppo J delle Qualificazioni agli Europei itineranti del prossimo anno. Dodici punti in quattro parte e se non fosse stato per il gol di Džeko all’Allianz Stadium di Torino staremmo anche parlando di porta imbattuta. Tredici, invece, le reti messe a segno da otto giocatori diversi.
Roberto Mancini non smette mai di sperimentare, provare e cambiare ma lo fa soprattutto con i terzini e il tridente d’attacco. Ciò che non osa toccare in alcun modo sono i tre di centrocampo. Al duo già intoccabile Jorginho-Verratti si è aggiunto Nicolò Barella, per lui una crescita esponenziale nelle ultime due stagioni vissute in Serie A con il Cagliari e preziosa pedina di mercato contesa dalle big, non solo italiane. Geometrie, inserimenti, interdizione e il sapere sempre cosa fare, da trio collaudato di una squadra di club. I tre lì in mezzo hanno dimostrato finora di giocare in sintonia in particolar modo sull’aspetto dei movimenti, tre giocatori e una sola mente. Bravi il Commissario Tecnico a spiegare loro ciò che pretende dalla linea mediana, astuti loro a fare propri i dettami e a metterli in pratica. Insomma Mancini e il centrocampo dell’Italia sono mente e gambe di ciò che potrebbe riportarci “grandi”.
I momenti di sofferenza non sono mancati, soprattutto nel primo tempo contro la Bosnia, ultima gara giocata. Le marcature asfissianti a uomo della selezione di Prosinecki non hanno permesso la fluidità che si era vista contro la Grecia. Ma con pazienza e con la velocità di esecuzione l’Italia è uscita dagli spazi stretti dimostrando che, anche in partite complicate, il centrocampo è capace di reagire e cambiare passo quando lo ritiene. Ed ecco che viene fuori la caratteristica migliore della mediana azzurra: sapere quando è il caso di rallentare e quando invece accelerare con gli inserimenti di Verratti e Barella.
Avere sempre quei tre al meglio della forma ci pone come squadra dall’alto potenziale, per la prima volta dopo diversi anni. Ma c’è anche la consapevolezza che Verratti al posto di Jorginho (ovemai l’italo-brasiliano dovesse assentarsi) potrebbe fare altrettanto bene e con uomini come Pellegrini, Baselli, Sensi, Cristante e Zaniolo pronti a mettere in mostra le proprie capacità nel ruolo. Insomma questa Italia in ricostruzione sta già ponendo alcuni paletti fissi e lascia ben sperare nel processo di crescita futuro, un imperativo diventato di priorità massima da diverse stagioni ma mai realmente realizzato.